Cinzia Braglia, insegnate presso la Scuola dell’infanzia statale dell’Istituto comprensivo Boiardo (Scandiano), racconta per tappe la creazione di spazi per i giochi di costruzione con materiali di riciclaggio.
Un contesto sociale per l’apprendimento creativo.
Fra noi e “le cose come sono” c’è sempre un filtro creativo. I nostri organi di senso non usano percepire niente e riportano solo ciò che produce senso. Ciò ci rende “a un tempo creatore e creature”. (G. Bateson)
Mentre “la valorizzazione del gioco in tutte le sue forme ed espressioni” (Indicazioni nazionali, 2003) costituisce una priorità educativa della scuola dell’infanzia in quanto si presta ad essere ambito privilegiato di uso dell’immaginazione e di sviluppo della creatività, l’attenzione all’allestimento di spazi specifici in cui i bambini possano giocare e sviluppare questo tipo d’abilità è senz’altro un fattore qualificante la scuola dell’infanzia.
Nella nostra scuola oltre all’esistenza di angoli per il gioco simbolico, il gioco di movimento, il gioco di costruzioni con duplo, lego, costruzioni a pettine… e il gioco ai tavoli, da alcuni anni viene dedicata particolare attenzione alla creazione di spazi per i giochi di costruzione con materiali di riciclaggio: ogni sezione dispone di uno spazio delle costruzioni con materiali informali, e le sezioni dei 4 e 5 anni possono inoltre accedere allo spazio comune della Grande Costruttività.
La scelta di proporre materiali di scarto per costruire è in sintonia con la pluriennale esperienza delle scuole comunali dell’infanzia di Reggio Emilia e con le suggestioni che provengono dalla rete dei centri di riciclaggio creativo REMIDA che mettono al centro della propria attività la cultura del riciclo e dell’uso di materiali di scarto industriale in una prospettiva eco-sostenibile, che si oppone al monouso e all’obsolescenza prematura dei prodotti promuovendone nuove possibilità di utilizzo in una logica di rispetto dell’ambiente e dell’uomo.
L’uso di materiali di scarto per la realizzazione di progetti per l’infanzia è inoltre riconducibile al pensiero di Bruno Munari, convinto sostenitore del motto “da cosa nasce cosa” e precursore nel suggerire possibili relazioni tra gioco, creatività e uso di materiali informali: «un bambino abituato a vedere trasformare le cose diventerà creativo e non si annoierà mai»[1].
L’obiettivo del progetto che ha portato all’allestimento dello spazio della Grande Costruttività (iniziato a Settembre del 2009) è stato quello di creare uno spazio ludico in cui i bambini potessero “costruire in grande”sia in termini di spazio (più grande rispetto a quello delle sezioni) che in termini relazioni e opportunità di incontro con bambini e insegnanti di altre sezioni.
Si tratta di uno spazio collocato lungo il corridoio, che misura 6 metri per 7 circa, delimitato lungo tre dei suoi lati da due pareti contigue e alcuni mobili.
Al centro si trova una predella non removibile e alcuni grossi rocchetti che all’occorrenza possono essere spostati e che consentono ai bambini di costruire ad altezze diverse.
Lo spazio non offre a prima vista nessuna particolare attrazione ludica, eccetto contenitori pieni di oggetti di scarto (naturali e non) di forme, dimensioni e colori diversi disposti in fila lungo le due pareti lo delimitano. Nella Grande Costruttività non ci sono “pezzi unici”, ma solo serie di una stessa tipologia di oggetti, principalmente prodotti non finiti o componenti di corpi più complessi. Vi sono sia oggetti d’uso comune (come diverse tipologie di tappi e bottoni) che oggetti a “basso contenuto culturale”, ovvero oggetti di cui non è possibile nell’immediato risalire all’uso originale.
Tutti i materiali sono organizzati secondo una qualche coerenza espressiva: appartenenza alla stessa tipologia materiale (plastica, sughero, poliuretano ecc…), formale o cromatica. Alcuni oggetti sono ordinati secondo le loro dimensioni: gli oggetti più piccoli, come le diverse tipologie di tappi, sono contenuti in scatole trasparenti e allocati in uno stesso luogo così come quelli più grandi sono posti in relazione di vicinanza con elementi della stessa serie. Molta cura viene dedicata all’esposizione dei materiali e l’impatto visivo che ne risulta è quello di un insieme ordinato, facilmente comprensibile e suggestivo per le sue qualità estetiche, che incuriosisce e attira verso gli oggetti.
L’accesso alla Grande Costruttività è regolamentato e il gruppo di bambini che possono abitare questo spazio è al massimo di 8. Ogni mattina 3 o 4 bambini delle sezioni dei medi e/o dei grandi decidono se andare in questo spazio, dove sono liberi di scegliere cosa creare e con quali materiali; il gruppo è solitamente “accompagnato” da un’insegnante dei medi o dei grandi.
Le costruzioni hanno “durata settimanale”: i bambini iniziano a costruire il lunedì e il venerdì provvedono al riordino di tutti i materiali; possono iniziare una nuova costruzione o continuare il lavoro realizzato nei giorni precedenti da loro stessi o da altri gruppi di bambini; non possono distruggere le costruzioni che vi trovano, ma possono invece modificarle. La distruzione dell’opera finale e il riordino dei materiali, sono parte integrante del gioco.
L’insegnante ha un importantissimo ruolo di sostegno e stimolo dell’attività: è un osservatore partecipante al processo cognitivo/creativo in qualità di consulente, assistente e guida. Ha il compito di osservare, documentare, analizzare e discutere il prodotto che viene realizzato dai bambini durante l’attività e di arricchire l’esperienza attraverso un coinvolgimento diretto.
A seconda delle situazioni partecipa al gioco, suggerisce soluzioni, sollecita le dinamiche creative e relazionali del gruppo e del singolo al fine di aumentare l’efficacia produttiva. Le insegnanti provvedono inoltre alla scelta dei materiali, nonché alla loro sostituzione periodica e, attraverso la documentazione, operano una ricognizione degli aspetti relazionali, sociali, cognitivi, affettivi che emergono per eventuali rilanci in sede di progettazione.
È l’insegnante “l’allenatore ludico”[1] con il quale i bambini, a piccolo gruppo, hanno iniziato a giocare con i materiali informali nello spazio delle costruzioni a 3 anni ed è solo attraverso l’esercizio e un lungo processo di apprendimento che i bambini possono passare dalla condizione di costruttori “novizi” a quella di costruttori “esperti”. Alcuni accorgimenti “tecnici” messi in atto dalle insegnanti si sono rivelati, col tempo, funzionali alla buona riuscita dell’attività che si svolge in questo spazio: contrassegnare i contenitori dei materiali con fotografie, allo scopo di facilitare le attività di riordino; mettere piccole “didascalie” di fronte alla costruzione realizzata con un titolo che riporta le parole degli autori, i loro nomi e l’età allo scopo di gratificare il lavoro collettivo, darne visibilità, sollecitare ulteriori elaborazioni.
Gli oggetti di scarto sono chiaramente il nucleo centrale attorno a cui ruota tutta l’attività, essendo gli strumenti del fare, e vengono ricreati grazie alla grande capacità di proiezione immaginativa che l’attività ludica consegna ai bambini: bastano alcuni elementi per costruire simbolicamente una situazione e per proiettarsi in una nuova realtà.
In questo senso i bambini si fanno interpreti e artefici di un linguaggio che, a partire da un insieme finito di elementi, produce infiniti usi e significati attraverso le trasformazioni di senso che ciascun oggetto è in grado di suggerire.
Costruire con materiali di riciclaggio impone ai bambini il porre attenzione alle caratteristiche della materia, in quanto «i materiali non offrono soltanto la possibilità di realizzare delle forme, offrono delle forme, le portano iscritte nel loro interno: si possono assecondare, contrastare, ma mai ignorare»[3].
Occorre conoscere vincoli e possibilità offerti dai materiali affinché sia possibile utilizzarli in modo produttivo; vincolo e possibilità sono legati in un rapporto reciprocamente «costruttivo, circolare e vicariante» in quanto «il vincolo crea un quadro di possibilità all’interno del quale si realizzano gli eventi»[4]. I bambini non trovano dunque nel vincolo solo un limite esteriore ma, contemporaneamente, un’opportunità che crea svariate condizioni d’utilizzo.
Motore della prassi è l’interesse per l’oggetto “trovato”: «oggetto che prima di essere raccolto non ha nessun valore»[5], ma che dopo può essere ri-guardato in ragione della sua particolarità, della sua bellezza estetica o della sua nuova funzionalità. In questo contesto i bambini sono impegnati a dare una nuova vita agli oggetti modificandone a proprio vantaggio l’identità; a inventare formule strutturali; a scontrarsi con problematiche relative ad equilibri, altezze, lunghezze, volumi; a sperimentare relazioni fra ciò che conoscono e ciò che ancora non conoscono a fondo.
L’utilità dell’esperienza è quella di un allenamento dell’immaginazione a «deragliare dai binari troppo consueti del significato»[6], a tenere d’occhio i tanti e diversi significati che un oggetto, anche il più banale, può avere. La Grande Costruttività è un contesto in cui piccoli gruppi di bambini si incontrano per rendere produttivi, in senso fantastico, gli oggetti attraverso l’esplorazione delle loro identità visive e materiche.
Il prodotto finito importa meno del gioco, della lotta che si crea per dominare le forme, delle sorprese e delle scoperte che avvengono ad ogni passo in un «andirivieni di significati»[7].
Si tratta di un luogo in cui viene valorizzato il fare trasformativo e il trasferimento cognitivo di codici; un luogo in cui i bambini hanno la possibilità di risemantizzare le proprie e altrui esperienze: possono intervenire, partecipare, far agire fantasia e creatività e, attraverso la discussione e la collaborazione con gli altri, chiarire i molti problemi che via via insorgono, verificare la bontà di una soluzione formale, esaminare le possibili interpretazioni che scaturiscono dalle ricerche collettive.
Gli scambi che avvengono tra bambini in questo spazio attestano una prassi di invenzione, collaborazione, condivisione di risorse e responsabilità. Le osservazioni sono utili a tutti, in quanto ciascuno può allargare le proprie conoscenze, perfezionare i propri mezzi e chiarire le proprie decisioni allo scopo di produrre qualcosa di veramente “funzionante”[8].
Questo luogo ha inoltre la ricchezza di essere uno spazio comune dove i “transiti” dei bambini portano la ricchezza dell’essere parte di altri gruppi sezione: i 4 e i 5 anni si ritrovano a condividere sia uno spazio fisico che uno spazio di pensieri, di strategie, di piani condivisi. Con competenze differenti sono chiamati a ricercare accordi, a mettere insieme i piccoli progetti che nel tempo imparano a condividere: la Grande Costruttività diventa così un contesto privilegiato per passaggi di competenze in cui è possibile osservare il nascere di occasioni interessanti per i coinvolgimenti che si realizzano.
Mentre costruiscono i bambini mettono insieme idee, ma allo stesso tempo tessono storie: laddove appare qualcosa che prima non c’era le parole possono continuare il gioco e il movimento è di nuovo dal non senso al senso, da un massimo di astrazione ad un massimo di concretezza.
Le storie prendono vita man mano che il gioco prende forma dai pensieri e dalle mani che insieme costruiscono e i bambini possono esplorare le possibilità offerte dalle parole e dalle storie stesse per dominare e anticipare i gesti.
Il fine dell’attività è la creazione di un prodotto collettivo la cui realizzazione richiede tempi lunghi (una settimana) e a cui tutti, a loro modo, contribuiscono plasmandone continuamente la forma, apportando aggiustamenti, decorazioni e modifiche in risposta a mutate circostanze. Si tratta di un processo in divenire che continua per tutto il tempo che lo spazio viene abitato: il “costruire” non inizia con un progetto preformato rigido, per finire con un artefatto finito. La “forma finale” non è che un momento passeggero nella vita di ciascuna forma, un momento in cui essa viene associata ad un obiettivo e dissociata dal flusso continuo dell’attività.
In questo senso la distruzione dell’opera collettiva, il venerdì, va soprattutto intesa come
ulteriore modo di non creare modelli da imitare, una non museificazione dell’opera, un non divismo dell’autore. Non è l’oggetto che va conservato ma il modo, il metodo progettuale, l’esperienza modificabile pronta a produrre ancora secondo i problemi che si presentano [9].
Un ri-ciclaggio in senso letterale dunque come movimento ciclico non solo di materiali, ma anche e soprattutto di idee e invenzioni, coordinate da una giusta metodologia operativa.
[Questo articolo è già apparso su Pensare la creatività. Ricerche nei contesti educativi prescolari, a cura di Gariboldi e Cardarello., Junior, 2012]
Note
[1] Bruno Munari, Da cosa nasce cosa. Appunti per una metodologia progettuale, Laterza, Roma-Bari, 1981.
[2] Anna Bondioli, Gioco e educazione, Franco Angeli, Milano, 1996.
[3] Dario Mangano, Semiotica e design, Carocci, Torino, 2008.
[4] Mauro Ceruti, Il vincolo e la possibilità, Feltrinelli, Milano, 1986.
[5] Bruno Munari, Artista e designer, Laterza, Roma-Bari, 1971.
[6] Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973.
[7] Ibidem.
[8] Bruno Munari, Fantasia, Laterza, Roma-Bari, 1977.
[9] Ibidem.