La Dichiarazione Balfour sulla Palestina e la decolonizzazione dell’università

Oggi ricorre l’anniversario della Dichiarazione Balfour sulla Palestina del 1917. Il rapporto tra governance e accademia imperiali resta tutto da esplorare.  

Il 3 luglio del 1903, presso il Cecil Hotel di Londra, ebbe luogo la prima Conferenza delle Università Coloniali Alleate. Lo sviluppo della produzione di conoscenza e di reti universitarie coloniali aveva come obiettivo quello di rafforzare il dominio imperiale britannico. Uno dei principali architetti di questa svolta accademica imperiale fu Arthur James Balfour, allora Primo Ministro del Regno Unito e Rettore onorario dell’Università di Edimburgo. Balfour era stato eletto rettore nel 1891 e rimase in carica fino al 1930 – il più lungo mandato nella storia della più rinomata università della Scozia.

All’Hotel Cecil Balfour presedette la cena della conferenza a cui presero parte delegati di varie università e “prominenti uomini del campo dell’educazioni e della scienza”. Dopo i brindisi d’occasione, Balfour tenne un discorso in cui celebrò la fondazione della nuova alleanza accademica coloniale britannica e spiegò perché questo costituisse un importante momento di svolta: “Non si tratta solo del fatto che in questa stanza sono riuniti rappresentanti del sapere, della scienza e delle grandi sfere di attività di cui il pensiero moderno si vizia. Questa occasione è importante anche perché siamo qui chiamati a rappresentare ciò che costituirà, credo, una grande alleanza dei più grandi strumenti educativi dell’Impero – un’alleanza delle università che, in misura sempre maggiore, sentono la responsabilità non solo di formare i giovani che sono destinati a tramandare le tradizioni dell’impero britannico, ma anche di fare avanzare quei grandi interessi di conoscenza, di ricerca scientifica e di cultura senza i quali nessun impero, per quanto forte da un punto di vista materiale, potrebbe rivendicare un ruolo di primo piano nel progresso mondiale”.

Nella mente di Balfour, la nuova alleanza accademica era uno strumento fondamentale per cementare il dominio globale britannico. Ma essa era anche uno strumento per affermare un senso di unità razziale anglo-sassone: “Facciamo fiorire [con questa alleanza] una comunità di sangue, di lingua, di leggi, di letteratura”, l’estatico rettore dell’Università di Edimburgo e Primo Ministro esclamò alla cena della conferenza.

Dopo aver completato il suo mandato di Primo Ministro nel 1905, Balfour si ritirò per quasi un decennio dal centro della politica estera imperiale britannica, prima di fare il suo ritorno nel 1916 con Segretario per gli Affari Esteri. Ma in quei dieci anni, il rettore di Edimburgo continuò a costruire lo spazio accademico britannico come un progetto imperiale.

Nel 1912, forse anche a causa del suo interesse nel cosiddetto “Oriente”, Balfour venne invitato a presiedere una sessione del Secondo Congresso delle Università dell’Impero. La sessione aveva come titolo I problemi delle università nell’Est relativi alla loro influenza sul carattere e sugli ideali morali. Nel suo discorso di apertura Balfour sottolineò come nelle università occidentali ci fosse stato un “aggiustamento reciproco” tra conoscenza e tradizioni socio-culturali, mentre nelle università dell’Est (il cosiddetto “Oriente”), scienza e costumi sociali fossero in rotta di “collisione”. Questa idea di un’intrinseca incompatibilità tra tradizioni orientali e scienza era iscritta nel concetto di disuguaglianze razziali naturali che Balfour aveva articolato alcuni anni prima nel libro On Decadence [Sulla decadenza]. In questo suo scritto Balfour aveva teorizzato che la storia orientale era dominata da una monotonia di dispotismo (il famoso “dispotismo orientale”) e incapacità di auto-governo. Secondo Balfour “qualsiasi tentativo di fornire a razze profondamente diverse un identico […] ambiente educativo non le renderà mai uguali. Esse sono state diverse e non uguali sin dall’inizio della storia e diverse e non uguali rimarranno”.

Questo tipo di pensiero razziale marcò tutta l’iniziativa politica imperiale di Balfour, sia come uomo di stato sia come rappresentate dell’accademia. Questa comprensione razzializzata dell’ordine globale costituì anche la spina dorsale della Dichiarazione Balfour del 1917—una dichiarazione che creò un nuovo assetto imperiale nel Medio Oriente. La Dichiarazione Balfour, promulgata il 2 novembre, sosteneva la creazione di una nuova entità territoriale sovrana e di uno stato coloniale per il popolo ebraico in Palestina. Allo stesso tempo, la dichiarazione negava ai palestinesi i loro diritti a uno stato nazionale e offriva loro solo diritti civili e religiosi. In fondo, e in linea con i gli scritti di Balfour, i palestinesi erano orientali incapaci di auto-governarsi e di raggiungere l’auto-determinazione.

Balfour inaugura l’Università Ebraica di Gerusalemme nel 1925. Fonte: Library of Congress.

Balfour scrisse e firmò la sua dichiarazione prima di visitare la Palestina. Infatti la sua prima visita avvenne nel 1925, quando inaugurò l’Università Ebraica di Gerusalemme indossando le toghe dell’Università di Edimburgo e Cambridge (dove era diventato rettore nel 1919). Come ospite del movimento sionista, Balfour fece un tour delle “colonie ebraiche” create in Palestina, inclusa Balfouria, la colonia dedicata a Balfour dalla leadership sionista. Balfour il politico aveva d’altronde abbracciato la narrazione sionista sul presunto bisogno di rigenerare una Palestina arida, una narrazione che riprodusse anche nelle sue vesti di rettore. Nelle parole di Chaim Weizman—una delle figure di spicco del movimento sionista che aveva convinto Balfour a promulgare la dichiarazione del 2 novembre 1917, invitandolo poi a inaugurare l’Università Ebraica nel 1925—nel suo Trial and Error, l’università costituiva “la realizzazione del mio sogno speciale degli albori del movimento” e uno strumento cruciale per l’affermazione del movimento sionista in Palestina. Significativamente, dopo l’inaugurazione del 1925, l’Università Ebraica venne inclusa nella rete di università imperiali alleate che Balfour aveva aiutato a costruire sin dall’inizio del secolo.

Il legame tra il contributo di Balfour alla governance imperiale e il suo contributo allo sviluppo dell’accademia imperiale britannica è stato per qualche curiosa ragione completamente dimenticato dalla vasta letteratura e dai dibattiti contemporanei sul coinvolgimento di Balfour negli affari imperiali globali e nella dichiarazione britannica sulla Palestina del 1917.

Per questo potremmo cogliere l’occasione dell’anniversario della Dichiarazione Balfour per riscoprire questo legame e sollevare alcune questioni fondamentali. Nel nostro ruolo di università britanniche che formalmente e pubblicamente abbracciano l’agenda decoloniale e si impegnano a decolonizzare i curricula e gli spazi accademici: come potremmo decolonizzare la nostra embricatura storica con le ingiustizie a cui è stato sottoposto il popolo palestinese anche come risultato della dichiarazione imperiale promulgata da uno dei nostri rettori? E dato che la questione palestinese è ancora viva come questione coloniale che continua a generare violenza e spossessamento, come abbiamo visto anche nei mesi recenti: come potremmo contribuire, con azioni concrete e tangibili, a decolonizzare la Palestina e riparare il nostro coinvolgimento istituzionale in un progetto di colonialismo da insediamento che continua a negare al popolo palestinese il diritto all’autodeterminazione e a sradicarlo dalla sua terra?

In fondo la Dichiarazione Balfour è anche la dichiarazione di un nostro rettore.

 

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