Con il caso di studio che segue vorremmo suggerire la possibilità di interpretare l’interazione tra utenti e social media in senso narrativo, proponendo quindi di leggere un profilo di Instagram, con la sua struttura mosaicale, come se fosse un vero e proprio racconto lineare.
Social media e identità narrativa
L’ipotesi che il profilo di un social network possa esser letto come un racconto autobiografico sembra trovare una prima giustificazione nella struttura stessa del dispositivo. Francesco Casetti considera, infatti, i social media come media identitari (Casetti 2011), tecnologie votate al dispiegamento dell’identità del soggetto. Essi non svolgono primariamente funzioni comunicative, presentandosi piuttosto come luoghi per la costruzione e l’esposizione della propria identità. Il dispositivo gioca al soggetto l’illusione prospettica che la domanda sull’identità sia posta dagli altri utenti, quando è invece il funzionamento automatico e impersonale del medium a chiedere di rappresentarsi: Scrivi qualcosa su di te.
Per funzionare, i media identitari pretendono che il sé configurato dall’utente non sia una mera maschera, o un avatar fittizio, ma che abbia una qualche autenticità (Lovink 2011). L’identità online si costruisce, infatti, attraverso dati anagrafici reali, tracce e testimonianze di esperienze effettive (fotografie, geolocalizzazioni, tag) ed informazioni attuali sui gusti e le preferenze degli utenti (dagli acquisti fatti online ai prodotti consultati). Al contempo però, gli utenti si rappresentano con una forza immaginativa che trascende la rappresentazione di sé nella vita quotidiana offline, perché la Rete offre un inusitato potere elaborativo: nel contesto sociale codificato dai social media, in cui un uditorio pubblico sembra pronto ad ascoltare le nostre storie private, la propria identità può e deve essere agilmente riscritta, rielaborata e resa più accattivante. La coesistenza di una componente fittizia e di una componente autentica nella configurazione di sé attraverso i social media sembra generare un racconto autobiografico all’incrocio tra la referenza propria del racconto storiografico e di quello finzionale, proprio come vuole la teoria dell’identità narrativa proposta, tra gli altri, da Paul Ricoeur (Ricoeur 1985, 1990, 1991).
In questo senso, i media identitari potrebbero altresì essere interpretati come dispositivi generatori di racconti autobiografici, come veri e propri inneschi narrativi spontanei.
Per verificare l’opportunità di un’interpretazione narrativa del sé costruito nell’interazione tra utente e medium, prendiamo adesso in esame un caso esemplificativo.
Cronaca di un suicidio online
Nel marzo 2014, sul forum cinese MOP inizia a circolare la storia di una ragazza di Shanghai, nickname jojotsai2012: stando a quanto risulta dal suo profilo Instagram, la ragazza avrebbe raccontato online, in diretta, la cronaca del suo suicidio. Nonostante la stampa non sia stata in grado di attestare la veridicità del fatto, il caso appare interessante perché sembra dispiegare una narrazione che, pur senza una dichiarata volontà autoriale, rimedia (Bolter, Grusin 1999) forme tradizionali del racconto autobiografico avvalendosi delle particolari caratteristiche interattive e intemediali offerte dal medium che la supporta.
Il 6 marzo 2014 jojotsai2012 pubblica lo screenshot di una conversazione: è l’incidente scatenante del racconto. Nella didascalia che accompagna l’immagine, la ragazza racconta la fine della sua relazione con un ragazzo (i testi riportati sono tratti dalla traduzione inglese dell’originale cinese offerta dal sito chinasmack.com).
Da questo momento, jojotsai2012 condivide contenuti che alternativamente mostrano il tentativo di lasciarsi alle spalle il passato e l’impossibilità di superare la sua depressione. Mentre i like e i commenti incalzano la cronaca diaristica di jojotsai2012, gli autoritratti della ragazza scattati in tempo reale si alternano a fotografie del passato, rappresentate visivamente con un filtro in bianco e nero: a una lettura attenta, si deduce che nelle immagini che la ritraggono nel presente della sua scrittura, jojotsai2012 indossa un abito rosso — particolare, questo, che tornerà alla fine della storia.
L’utilizzo del doppio piano temporale si affianca ad un’altra tecnica, tipica del racconto cinematografico, quella della semina e raccolta (meglio nota come set-up e pay-off) dove un elemento narrativo acquista il suo senso solo illuminato dalla luce di un elemento successivo. La citazione della foto seguente, ad esempio, acquisterà significato unicamente grazie allo sviluppo finale della storia.
Il 7 marzo il ritmo delle fotografie aumenta in un crescendo. Dapprima uno scatto dalla didascalia emblematica:
Poi un autoritratto:
E un’immagine del ragazzo:
Infine la fotografia di un piccolo fuoco che avvampa sul letto della ragazza, bruciando oggetti appartenuti al suo compagno (si riconosce una felpa che indossava in alcune foto precedenti).
In questa sequenza, il punto di vista in prima persona della ragazza, che offre al pubblico la ricchezza del suo campo visivo, si alterna all’immagine che della protagonista ci offrono gli specchi e gli autoscatti. Gli spettatori entrano nella sua stanza e contemporaneamente ne restano fuori, al di là degli schermi. L’identità di jojotsai2012 è configurata attraverso un gioco di prospettive tra prima e terza persona in cui il narratore mostra il suo personaggio — lei stessa — attraverso l’uso intermittente di focalizzazione interna ed esterna. La penultima fotografia del profilo di jojotsai2012 ritrae lo spalancarsi del vuoto sotto la finestra della ragazza. Vediamo le sue gambe penzolare dal davanzale, in un suggestivo first person shot (Eugeni 2013) di indubbio potere immersivo.
Non ci sono didascalie che accompagnino la foto perché non servono. Siamo sul davanzale della finestra, nella notte di Shanghai, mentre il fuoco arde dentro la stanza, e la banalità della topografia che il racconto ci ha offerto non può che indicare nel salto nel vuoto il prossimo passo. Di più, all’evento potremmo assistere in diretta. Sul ciglio del vuoto, l’interattività del medium dona ai lettori la possibilità di schierarsi, di provare a salvare la ragazza – o condannarla. Nella fotografia il tempo si ferma e contemporaneamente lascia intendere in quale direzione scorrerà: come voleva Roland Barthes, qui lo spettatore «frem[e] per una catastrofe che è già avvenuta» (Barthes 1981). Di quale catastrofe si tratti lo lascia intendere l’ultima fotografia pubblicata da jojotsai2012, che oppone alla calma stoica e alla formalità impeccabile del vuoto sotto la finestra un rigurgito di realtà: è un’immagine mossa, grezza, che mostra le fiamme avvampare nella stanza.
Lo sviluppo drammatico, perfettamente orchestrato nello scatto artificioso delle gambe sospese nel vuoto, ripiega sull’urgenza del suo presente: la foto dice che la stanza sta bruciando, qui e ora. Non c’è altro. La storia si interrompe così, proprio al culmine del suo climax. E del resto non può esserci altro: la narrazione di sé manca per sua natura il racconto della fine. jojotsai2012 non è una narratrice nel senso classico del termine e l’esibizione della sua vita online non dimostra spiccate velleità autoriali, né tantomeno competenze specifiche; tuttavia, la sua pagina Instagram si presenta come una forma di racconto autobiografico perfettamente congegnata, che fa appello alle risorse del racconto letterario, fotografico e cinematografico.
Conclusioni
Il racconto autobiografico di jojotsai2012 compone l’episodicità dello “stile a finestre” nell’unità di una storia, in una “concordanza discordante” (Ricoeur 1983) che sembra offrirsi a una tradizionale lettura lineare. Vi sono però alcune specificità critiche:
1) Si tratta di un racconto intermediale, in cui l’utilizzo di diversi supporti tecnici (fotografie, didascalie, hashtag, fotoritocchi), asseconda l’alternanza di documentario e finzione (Montani 2010).
2) Si tratta di un racconto interattivo. In virtù della struttura interconnessa e interattiva del medium, il rapporto tra autore e lettore acquista un nuovo statuto, e non soltanto per via dei commenti e degli apprezzamenti che incalzano jojotsai2012 a diffondere le sue fotografie. A farci parlare propriamente di co-autorialità è piuttosto un altro elemento, che compare sul forum MOP in cui si parla del presunto suicidio. Si tratta dell’epilogo — non richiesto, ma narrativamente magistrale — del racconto: un utente, forse un vicino di casa, pubblica la fotografia del corpo di una ragazza (riconosciamo un abito rosso) steso in terra sotto un palazzo, circondato dalla polizia.
Il racconto di jojotsai2012 cambia voce e si conclude con un efficace passaggio dalla forma autodiegetica alla forma eterodiegetica. Dalla soggettiva ravvicinata delle fiamme al campo lungo che inquadra il corpo steso in terra, il crescendo in notturna si interrompe per lasciar spazio – con un semplice effetto di montaggio – a una grigia mattinata nella quale leggiamo, a posteriori, l’ineluttabilità degli eventi. Vincendo la sfida-limite della narrazione di sé, la storia online di jojotsai2012 ci racconta la sua stessa morte.
Affidato all’intelligenza narrativa del lettore, il racconto di jojotasi2012 sembra mostrare come le narrazioni siano, anche nel mondo interconnesso della Rete, percorsi privilegiati di senso. In quest’ottica, l’approccio narrativo può rivelarsi una metodologia feconda di analisi dei nuovi processi mediali di configurazione dell’identità.
Riferimenti bibliografici
Roland Barthes, La chambre claire. Note sur la photographie, Gallimard, Paris 1981; trad. it. La camera chiara. Nota sulla fotografia, Einaudi, Torino 2003.
jay David Bolter, Robert Grusin, Remediation. Understanding New Media, MIT Press, Cambridge1999; trad. it Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Guerini e Associati, Milano 2002.
Francesco Casetti, I media nella condizione post-mediale, in Diodato R., Somaini A. (a cura di), Estetica dei media e della comunicazione, Il Mulino, Bologna 2011, pp. 315-328.
Eugeni R., Il first person shot come forma simbolica. I dispositivi della soggettività nel panorama postcinematografico, in Reti, Saperi, Linguaggi, II, 2, 2013, pp. 19- 23.
Geert Lovink, Network Without a Cause, Polity Press, Cambridge 2011.
Pietro Montani, L’immaginazione intermediale. Perlustrare, rifigurare, testimoniare il mondo visibile, Laterza, Roma-Bari 2010.
Pietro Montani, Tecnologie della sensibilità, Raffaello Cortina, Milano 2014.
Paul Ricoeur Temps et récit, 3 voll, Editions du Seuil, Paris 1983-1985; trad. it Tempo e Racconto, Jaca Book, Milano 1986-1988.
Paul Ricoeur, Soi-même comme un autre, Editions du Seuil, Paris 1990; trad. it. Sé come un altro, Jaca Book, Milano 1993.
Paul Ricoeur, L’identité narrative, in «Revue des sciences humaines», LXXXXV, 221, 1991, pp. 35-47; trad. it. L’identità narrativa in «Allegoria», LX, 2, 2009.