Giovedì 22 ottobre alle ore 17 nella Sala Storica della Biblioteca comunale di Siena, a cura di Incontrotesto, saranno lette alcune pagine narrative e saggistiche di Calvino. Questa iniziativa segue la mostra appena conclusa a Siena: “Italo Calvino. Il libro, i libri“.
Penso che la lettura non sia paragonabile con nessun altro mezzo d’apprendimento e di comunicazione, perché la lettura ha un suo ritmo che è governato dalla volontà del lettore; la lettura apre spazi di interrogazione e di meditazione e di esame critico, insomma di libertà; la lettura è un rapporto con noi stessi e non solo col libro, col nostro mondo interiore attraverso il mondo che il libro ci apre.
Forse il tempo che potrebbe essere destinato alla lettura sarà sempre più occupato da altre cose; questo è vero già oggi, ma forse era ancor più vero in passato per la maggior parte degli esseri umani. Comunque sia, chi ha bisogno di leggere, chi ha piacere di leggere (e leggere è certamente un bisogno-piacere) continuerà a ricorrere ai libri, a quelli del passato e a quelli del futuro.
Italo Calvino, Il libro, i libri (Buenos Aires, 1984)
La mostra Italo Calvino. Il libro, i libri, allestita a Siena dal 1° al 17 ottobre nella Sala Storica della Biblioteca comunale degli Intronati, ha inteso ricordare lo scrittore – morto all’ospedale Santa Maria della Scala di Siena trent’anni fa, il 19 settembre 1985 – principalmente attraverso i suoi libri, il suo lavoro editoriale, la sua attività di giornalista militante e di collaboratore di quotidiani e periodici italiani e stranieri.
Sono state esposte le prime edizioni di quasi tutte le sue opere pubblicate in vita da Einaudi, Franco Maria Ricci, Garzanti e Zanichelli; alcune rare plaquettes fuori commercio; libri da lui tradotti e curati; quarte di copertina, bandelle e paratesti che Calvino produsse instancabilmente per «i libri degli altri»; un’ampia scelta di quotidiani, riviste ed estratti contenenti suoi articoli, saggi e interventi; alcune lettere e scritture autografe, qualche disegno che documenta il suo talento grafico; e numerose fotografie che lo ritraggono in varie fasi della sua vita.
Tutti conoscono Calvino, o ne hanno sentito parlare, come autore di romanzi, racconti, saggi, in una parola come scrittore. Ma c’è un aspetto documentato dalla mostra senese che molti non conoscono: quello del suo lavoro editoriale.
Come redattore dell’Einaudi, soprattutto nei primi anni Cinquanta del Novecento, ma anche in seguito, Calvino scrisse un numero incalcolabile di lettere ad aspiranti scrittori che mandavano in esame loro testi alla casa editrice. Non solo: redasse centinaia di paratesti (quarte e risvolti di copertina, schede editoriali, Note di presentazione, Prefazioni, Introduzioni, ecc.) per «i libri degli altri». Gli altri potevano essere classici come Balzac, Conrad, Kipling, Puskin, Shakespeare; o suoi contemporanei come Bassani, Bellow, Cassola, Fenoglio, Hemingway, Natalia Ginzburg, Primo Levi, Pavese, Queneau, Sciascia, ecc. Lo fece quasi sempre in forma anonima, senza firmare né siglare, a meno che l’autore del libro non glielo chiedesse. Era un lavoro oscuro, «di servizio», funzionale alle ragioni e alle scelte editoriali dell’Einaudi, in cui trovavano una sintesi virtuosa e spesso perfetta la penetrazione critica, la chiarezza mai banale della scrittura, la velocità di esecuzione. Spesso a Calvino bastavano poche frasi, a volte anche una sola, per cogliere e comunicare la sostanza e il valore del libro. Leggiamo ad esempio il secondo capoverso del risvolto scritto nel 1963 per La tregua di Primo Levi:
Se il primo libro di Levi […] era stato scritto subito dopo il ritorno, quasi a scopo di liberazione interiore, come necessaria testimonianza, per essere egli stato uno dei pochi ebrei sopravvissuti al Lager, e in obbedienza al bisogno urgente ed immediato «di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi», questo secondo libro è stato scritto a distanza dagli avvenimenti, in un clima più pacato e disteso. E come il miracolo di “Se questo è un uomo” era una classica equanimità di fronte alla materia atroce del racconto, qui, nella Tregua, in questa storia movimentata e variopinta d’una non più sperata primavera di libertà, la nota più struggente è quella d’una stretta d’angoscia, d’una non più medicabile tristezza.