Il video a 360 gradi

Una nuova frontiera dell’esperienza cinematografica.

Per lungo tempo la più giovane delle sette arti ha soltanto potuto fantasticare circa la possibilità di coinvolgere attivamente lo spettatore, possibilità potenzialmente più difficile da attuare rispetto ad altre arti. In realtà, si può dire che già prima del grande passo effettuato negli anni Settanta, autori classici come Ėjzenštejn, attraverso lo scontro tra le inquadrature, o Gance, attraverso l’accostamento di più schermi, stimolavano lo spettatore con una molteplicità di fonti visive, con un tipo di montaggio già interattivo, seppur vincolato alle tecniche e alle tecnologie disponibili allora. Il passo successivo è stato quello del cinema sperimentale che, opponendosi al cinema narrativo, ha scelto di provocare lo spettatore e di costringerlo, anche un po’ sulla scia del teatro epico di Brecht, a non essere più soltanto un utente passivo dell’evento visivo. Nel 1970 Gene Youngblood teorizzava un «cinema espanso», la cui teoria si appoggiava sia sull’utopia di schermi multipli, sferici, avvolgenti, sia su un utilizzo della simultaneità e della metamorfosi continua a livello di:

figure di scrittura elettroniche. Opere basate su transazioni invece che su tagli di montaggio, su stratificazioni e sovrimpressioni, sulla rappresentazione di opposizioni armoniche, in grado di creare uno spazio-tempo continuo, una simultaneità in forma di mosaico […]. Un film sinestetico è insomma un’immagine che si trasforma in un’altra immagine: metamorfosi! (G. Youngblood, Expanded cinema, CLUEB, Bologna 2013, p. 87).

Si può dire che tutto questo oggi è realtà, che la possibilità offerta allo spettatore di “partecipare” all’opera si è evoluta in modo sempre più complesso.

Il video a 360 gradi è una videoregistrazione di una scena reale ripresa nello stesso tempo in qualsiasi direzione grazie a una camera omnidirezionale 1. o a una collezione di macchine. Anche un’animazione integralmente digitale può essere realizzata a 360 gradi. Durante l’esecuzione del video l’utente ha la possibilità di orientare e soffermare il suo sguardo in qualsiasi direzione, in alto e in basso, a destra e a sinistra, l’unico punto non visibile è quello in cui è posizionato il supporto per la ripresa.

Per essere visualizzato, questo genere di video richiede procedure e software diversi rispetto ai soliti mezzi di esecuzione e fruizione dei video: attualmente possono essere visualizzati sullo schermo del computer, via internet2 o offline grazie all’ultimissima versione di VLC media player, dove il controllo del video avviene via mouse; sugli smartphone, sia a occhio nudo attraverso il movimento del dispositivo nelle varie direzioni dello spazio, sia grazie a degli strumenti come gli occhiali o Samsung Gear VR.

[…]

Lentamente, iniziano ad essere disponibili anche delle esperienze di tipo più artistico. Ad esempio il musicista Avicii ha realizzato il videoclip del brano Waiting for love sfruttando questa tecnologia.3 Nel video, più che in quelli di carattere documentario, inizia a emergere uno degli aspetti forse più interessanti, e cioè la possibilità data allo spettatore non soltanto di muoversi in un ambiente a 360 gradi ma di scegliere di soffermarsi solo su una porzione del video, e quindi solo su una storia tra le tante possibili, e di spostarsi soltanto nel momento che ritiene più appropriato, potendo anche scegliere di non spostarsi affatto. In questo video sono mostrate otto porte disposte in maniera circolare. Progressivamente tre personaggi, e poi sempre più, vengono fuori dalle porte e, disponendosi in posizioni diverse, iniziano a ballare. Nei primi istanti è possibile seguire nello stesso momento tutti i personaggi presenti sulla scena, ma subito dopo questo diventa impossibile: bisogna scegliere dove guardare, quale personaggio seguire. La rivoluzionaria conseguenza di ciò è che il montaggio del video non dipende più dal montatore, ma dallo spettatore che opera una scelta di montaggio. Questa esperienza non soltanto varierà inevitabilmente da persona a persona, ma varierà anche da visione a visione operata dallo stesso spettatore.

Un’altra tipologia simile è quella costituita ad esempio dagli episodi (attualmente tre) delle Horror Stories realizzate dal progetto DimensionGate. Si tratta di brevi quadretti horror, uno dei generi cinematografici che potrebbero beneficiare notevolmente degli effetti prodotti dal 360 gradi, generando esperienze davvero di alta tensione.

Ma chi veramente sta riflettendo e investendo sulle possibilità offerte dal 360 gradi è il grande colosso Google attraverso le Spotlight Stories: si tratta di brevi animazioni nate con lo scopo di offrire allo spettatore la possibilità di seguire più storie nell’ambito della stessa visione. Infatti,  grazie all’app Spotlight Player è lo spettatore a decidere da quale punto di vista seguire la trama: muovendo il telefono, il video cambia angolazione e prospettiva, aprendo a una moltitudine di punti di vista diversi che potrebbero portare a trame ed esiti differenti.

Ecco cosa ha dichiarato l’ideatore delle Spotlight Stories, Jan Pinkava:

Vennero da me e, porgendomi uno smartphone, mi dissero: vorremmo che creassi qualcosa di emozionante per quest’apparecchio. Mi chiedevo quale forma potesse avere la narrazione su un dispositivo del genere. Tutti ne abbiamo uno, è pieno di sensori di movimento, strumenti, tecnologia avanzata che spesso non viene sfruttata. E allora pensai: perché non fare un film dove la camera da presa la diamo agli spettatori? Sembra un controsenso: se il punto di vista si può muovere, come fai a raccontare una storia? Potrebbe capitare che invece di seguire il protagonista, qualcuno si fissi su un passante o su una persona che si affaccia alla finestra. Eppure, proprio per questo, si aprono possibilità incredibili.4

Dunque la sperimentazione è ancora in corso: si aprono molte questioni complesse anche di tipo tecnico, per esempio quelle legate al suono,5 o quelle legate ai software che dovranno iniziare a occuparsi in maniera esclusiva di questi video, che comunque hanno una natura diversa; ad esempio è così che si presenta il video a 360 gradi all’interno di un software di montaggio:

Il montaggio è infatti il momento della realizzazione dei video a 360 gradi maggiormente messo in questione rispetto agli aspetti tradizionali, non solo per una questione di formati e di visualizzazione dell’immagine.

[…]

Per cercare di cogliere alcuni aspetti legati all’innovazione portata dal video a 360 gradi si farà breve riferimento al pensiero di colui che resta probabilmente il più grande teorico del montaggio, e cioè S.M. Ejzenštejn, il quale, seppur limitato dalle tecnologie disponibili agli albori del cinema, ne aveva già messo in discussione una visione semplicistica. 

Per Ejzenštejn il montaggio è infatti un principio compositivo molto generale, alla base non solo del cinema e di tutte le arti, ma dell’esperienza umana in senso lato. Il montaggio è l’elemento che permette di cogliere a pieno il nesso tra arte e tecnica, in quanto si tratta di un procedimento tecnico che da una base meramente fotografica e riproduttiva porta a un processo costruttivo che opera sull’immaginazione dello spettatore. Ejzenštejn ha infatti teorizzato una differenziazione tra i concetti di rappresentazione, la semplice riproduzione dell’esistente (il dato) e immagine, ciò che risulta dalla sua scomposizione e ricomposizione. Grazie al montaggio il dato rappresentativo viene decostruito e rimontato permettendo di restituire sul piano sensibile qualcosa di fondamentale del suo contenuto ideale, in modo da farne fare esperienza. Quindi il montaggio è quel processo che dalla sola datità dell’esistente porta a una configurazione di senso.

Al cospetto dei video a 360 gradi e dell’inevitabile assenza dei raccordi a cui la storia del montaggio ci ha abituati, si potrebbe pensare che non esiste più una differenza tra rappresentazione e immagine, perché il dato sembrerebbe essere semplicemente riprodotto. Ma, come sosteneva il teorico russo, il merito del cinema rispetto alle altre arti, soprattutto quelle non temporali, è quello di poter orientare la ricezione sul processo stesso che converte le rappresentazioni in immagini, e quindi di coinvolgere lo spettatore nel processo formativo delle stesse. Nessuna altra arte può utilizzare per la sua composizione un numero così alto di dati sensibili come fa il cinema, e quindi nessuna altra arte può far lavorare l’immaginazione dello spettatore su registri così molteplici: infatti il passaggio dal dato al senso impone al primo di coordinarsi con molti concetti. Nel nostro caso, la grande novità è che questo processo non è indotto a priori dalla volontà dei realizzatori dell’opera, ma viene trasferito direttamente agli spettatori.

Nella Teoria generale del montaggio, riproponendosi di spiegare «quali sono le fasi attraverso cui il montaggio è passato e qual è la meta verso cui ora si sta muovendo» (S. M., Teoria generale del montaggio, a cura di P. Montani, Venezia, Marsilio Editori, 1985, p. 5), Ejzenštejn individua tre fasi nella storia del cinema: quella della ripresa da un unico punto, caratterizzata dalla composizione plastica; quella della ripresa da diversi punti, caratterizzata dalla composizione di montaggio; il film sonoro, caratterizzato dalla composizione musicale. L’innovazione tecnica costituita dall’introduzione del sonoro e del colore non corrisponde a un banale miglioramento in senso naturalistico e rappresentativo della realtà, ma ha rappresentato per il cinema la grande occasione di poter estendere la materia espressiva coinvolta nel gioco costruttivo del montaggio (quindi sul piano dell’immagine, non della rappresentazione). Il video a 360 gradi rappresenta un ulteriore passo in questa direzione: non solo la materia espressiva coinvolta nel montaggio è radicalmente estesa, ma estesa è anche la stimolazione sensoriale, e quindi, a un gradino più alto, concettuale, alla quale lo spettatore viene sottoposto. A maggior ragione se indossa gli occhiali per accedere alla visione.

Allora, in conclusione, anche se siamo ancora lontani da un progetto utopico di questo tipo, sembra in qualche modo di aver fatto un ulteriore passo verso quell’opera d’arte totale fantasticata da Ejzenštejn quando dice:

Certo, se parliamo di un tutto, allora il film sonoro può entrare in una sintesi di tutte le arti ancor più ampia, nell’irripetibile spettacolo «di montaggio» che riunisce l’ambiente naturale, l’insieme urbano, le masse e i protagonisti che vi agiscono, il mare di colore e di fuoco, di musica e di radio, il teatro e il film sonoro, i battelli del canale «Mosca-Volga» e le squadriglie di aeroplani (Ivi, p. 395).

L’articolo completo è contenuto nell’ebook Dentro/Fuori. Il lavoro dell’immaginazione e le forme del montaggio. L’ebook, disponibile in diversi formati (epub, mobi e pdf), può essere scaricato gratuitamente  o attraverso una donazione alla campagna di supporto #sostienilavoroculturale.

Il 12 novembre alle ore 17, l’ebook sarà presentato presso la Nomas Foundation di Roma (Via Somalia 33). 

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Note

  1. Non sono ancora molti i modelli di macchine per la ripresa a 360 gradi disponibili sul mercato, anche perché attualmente la qualità non ancora ottima non giustifica l’elevato pezzo. Ma i principali sono questi: Ricoh Theta, 360Cam, Nokia Ozo, Bublcam.
  2. A marzo 2015 YouTube ha lanciato ufficialmente la possibilità per gli utenti di visualizzare i video caricati a 360 gradi, con la riproduzione sul suo sito web e sulle sue applicazioni mobili Android. Anche Google e Facebook (quest’ultimo con l’acquisizione della compagnia Oculus VR) si sono mossi in questa direzione.
  3. Il video è parte di Jump, un progetto della divisone Advanced Technology and Projects (Atap) di Google.
  4. Ancora, Peter Lord, cofondatore dello studio di animazione Aardman, parlando di una di queste storie, Special Delivery, ha dichiarato: «È nata pensando a quel che lo spettatore avrebbe guardato se si fosse trovato nei panni di James Stewart ne La finestra sul cortile. Ci sono due protagonisti, due vicende, ma in teoria potrebbero essere cinque o dieci. Tutto si svolge nel cortile di un palazzo, palcoscenico di piccoli cammei comici che fanno da corollario alle due storie principali. All’inizio credo che lo spettatore nemmeno si accorgerà subito che il mosaico che ha davanti è in realtà parte di un’unica narrazione. Il paragone con il teatro funziona abbastanza bene, girando film a 360 gradi il regista ha idea di quel che vuole trasmettere ma non controlla lo sguardo dello spettatore né la sua esperienza che finirà per essere personale. […] Si passa da essere spettatori a testimoni, ma non giocatori – per quanto i videogame abbiano dei punti di contatto con i film del genere. Ma qui la narrazione svolge un ruolo maggiore e l’interazione invece un ruolo diverso rispetto a quella delle console. […] È una sfida, è un terreno completamente nuovo, ed è accidentato. Ma in fondo si può dire la stessa cosa della vita». (J. D’Alessando, Smart Movies: ecco come saranno i film del futuro)
  5. Ad esempio, sempre Peter Lord, parlando del corto delle Spotlight Stories Help di Peter Brown ha dichiarato: «Il suono è un altro aspetto interessante. La colonna sonora deve essere elastica, nel vero senso della parola. Se stai guardando una scena concitata ma poi ti volti deve cambiare in maniera credibile. Il suono non solo è a 360 gradi, secondo dove stai puntando il telefono, ma si aggiunge alla colonna sonora che è interattiva. Ci sono tutta una serie di dilemmi nuovi e di sfide. Ad esempio, se non si sta guardando il protagonista, gli eventi principali devono attendere di essere guardati per proseguire o devono attrarre l’attenzione dello spettatore? Stiamo ad esempio cercando di capire come le persone stanno usando Spotlight. Cosa guardano, come, quando. Windy Day (il primo della serie di corti prodotti da Atap) può durare tre minuti o sei a seconda che si segua il protagonista sempre o meno. Tutto questo è nuovo. Ma la cosa importante per me è come la narrazione possa prendere forma nelle mani degli spettatori. Perché è la narrazione che resta al centro». (ibid.)
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