In questi mesi, con il Focus Riprendiamoci il Valle vi abbiamo raccontato i protagonisti, le azioni politiche e culturali intraprese dagli occupanti del Teatro Valle, dal gruppo veneziano S.a.L.E. Docks ai Magazzini del Sale, dal Teatro Marinoni e dagli insorti del Teatro Coppola. Oggi ripubblichiamo un articolo apparso sul blog SiriaLibano sulle azioni messe in campo da cittadini, intellettuali e artisti per la tutela del “Teatro di Beirut”.
Lorenzo Trombetta
Continua la battaglia per tutelare il “Teatro di Beirut”, luogo storico e simbolico della città. Dalla metà di dicembre sono diventate pubbliche le voci, in circolazione da mesi, sull’avvenire di questa istituzione cittadina che sin dalla sua inaugurazione e – per via del suo carattere privato – è costantemente sotto la minaccia di una chiusura o riconversione definitiva.
I palazzinari locali, d’accordo con il comune, intendono demolirlo per costruire al suo posto l’ennesima “torre” vista mare. La Corniche è a due passi. È intervenuto il ministro della cultura, ma le sorti di questo luogo storico della città rimangono più che incerte.
Prima di essere un teatro era un cinema, il “Cinema Hilton” e prima ancora un garage, finché Said Sinno, proprietario dell’immobile, decise di trasformarlo in teatro che fu inaugurato nel 1965. Dopo questa data si sono susseguite chiusure improvvise, sospensioni temporanee delle attività, riaperture entusiastiche, ma – soprattutto – si sono succeduti sullo stesso palcoscenico i più grandi attori, musicisti e drammaturghi levantini.
Ed è in questo teatro che porta il nome stesso della città che nel corso degli anni sono nate idee sperimentali e sono stati proposti spettacoli d’avanguardia: è stata sdoganata la ʻammiya libanese, il dialetto, che è diventato anch’esso lingua per il teatro e su questo palcoscenico sono stati messi in scena gli antichi racconti degli hakawati, i tradizionali cantastorie che si esibivano nei caffè popolari del mondo arabo.
Oggi il “Teatro di Beirut” è uno degli ultimi cinque teatri cittadini in attività, ma Said Sinno, che sin dalla fondazione ha continuato a sostenere questo laboratorio di idee e di spettacoli, ha perso la sua battaglia legale con gli altri membri della famiglia che rivendicano il possesso dell’area su cui è costruito il teatro, la cui esistenza viene a trovarsi adesso in pericolo.
Questa volta, però, artisti, intellettuali e cittadini interessati, hanno cominciato la loro battaglia civile per tutelare quello che è un simbolo della città: il 17 dicembre scorso, richiamati dagli appelli sui social network, si sono riuniti proprio davanti alla sede del teatro a Ayn al Mraysse e qualche giorno dopo si sono dati appuntamento per un sit-in di fronte al palazzo del ministero della cultura a Verdun. È stata poi messa online anche una petizione per la sopravvivenza del teatro che ha superato le 1.400 firme, per chiedere al ministro della cultura di dichiarare il “Teatro di Beirut” – e sarebbe il primo caso nella storia del Paese – patrimonio culturale libanese.