Il post-terremoto del Centro Italia, tra speranze e normalità vuota

Le testimonianze raccolte appartengono ad un tracciato spontaneo che ha visto coinvolte Amatrice, Arquata del Tronto, Norcia, Camerino. Nel rispetto dei silenzi, in un itinerario cadenzato entro pochi giorni, si sono rese evidenti le riflessioni di chi, durante l’incontro, ha desiderato affermare la propria condizione senza forzature e richieste. Attraverso lo sguardo della Gestalt, definibile sostanzialmente come “terapia dell’ovvio”, si lavora sull’ascolto di ciò che spontaneamente emerge dal territorio o dal singolo. Nel Counseling, ovvero nella relazione d’aiuto, l’ascolto che si organizza in un metodo non è già più ascolto. Non si può parlare qui di interviste ma di ascolto profondo o ascolto attivo.

Sono andata verso le persone del cratere del Centro Italia senza che vi fosse un metodo pianificato per l’interazione con lo scenario ed i suoi abitanti. Mi sono predisposta alla relazione senza forzare il contatto, senza riferirmi ad un tracciato geografico, o chiedendo dichiaratamente informazioni. L’intervista resta comunque una possibilità utilizzata anche dal Counselor, qualora voglia inserire nell’incontro la propria “volontà di sapere”, inchiedere. Le affermazioni sono state volutamente lasciate nell’anonimato perché l’eventuale lettura del testo da parte di concittadini potrebbe generare ritorsioni. In alcuni dei comuni terremotati, soprattutto quello di Norcia ma non solo, i cittadini hanno più paura del solito di parlare e subire ritorsioni.

Striscione di protesta della popolazione colpita dal terremoto. Foto: Giulia Scandolara.

Dopo 3 Commissari straordinari e anni di burocrazia farraginosa, è arrivato nel cratere terremotato del Centro Italia il quarto Commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini. Il suo incarico, iniziato il 14 Febbraio 2020, sembra aver portato un barlume di speranza ai cittadini, dopo anni di abbandono. Lo sostengono i sindaci del cratere, per via della semplificazione burocratica presente, però, al momento solo “su carta”.

Lo stesso Legnini ha affermato, lo scorso 14 settembre alla conferenza Ri-abitare l’Appennino che la vera sfida sarà l’applicazione delle norme di semplificazione. Anche secondo parte dei tecnici del cratere pare la ricostruzione inizi a muoversi, soprattutto grazie al Decreto Legge 104, del 14 Agosto. Al suo interno è finalmente previsto, per gli stessi, un equo compenso. Era in effetti arduo ricostruire senza retribuzioni.

Ci si domanda però se quella che finora viene annoverata come “la speranza di ricostruire” si paleserà attraverso una ripartenza conclamata. Restano ancora 21.000 domande non presentate, su 30.000, per la sola ricostruzione leggera. Al fine di voler rintracciare il dato umano dietro ai numeri di una ricostruzione che non è partita per anni, si riflette qui su quale sia il motivo della scarsa presentazione delle domande. Ci si chiede se il fenomeno sia cioè “solo” connesso alla farraginosa burocrazia, che dovrebbe risultare agevolata, o se vi siano invece altre motivazioni per cui, quelle domande, non è nemmeno certo che perverranno.

Il palco della conferenza Ri-abitare l’Appennino del 14 settembre. Foto: Giulia Scandolara.

Legnini spiega che oggi occorre riconquistare la fiducia della cittadinanza. Forse il quadro è anche più complesso e compromesso. «Le persone non sono nemmeno più arrabbiate. Si sono mentalmente allontanate da questa storia, perché non ne vogliono più sentir parlare. È semplicemente tardi» dice un abitante di Camerino, che lavora in ambito sanitario. Di recente, intanto è scattato un ultimo “invito” perentorio per sospingere la cittadinanza a presentare quelle 21.000 richieste di contributo in meno di tre mesi. La scadenza è al 30 di Novembre ma già si parla di una proroga.

La sensazione di fondo è che l’elemento principale, ovvero la presenza della popolazione, con la sua volontà di presidiare i luoghi, sia stata oltremodo e irrimediabilmente sciupata. Come si può, adesso, chiedere e pretendere celerità dagli stessi cittadini che, per anni sono stati sonoramente ignorati, ad ogni loro richiesta? Ci si domanda inoltre se la struttura commissariale si sia chiesta come mai, nonostante il profondo legame con il territorio, le persone stiano forse scegliendo di non ricostruire. Poiché è questo, che potrebbe denunciare la scarsa adesione alla ricostruzione leggera.

Un abitante di Norcia, incontrato nell’attività commerciale di un amico spiega che: «fino ad ora gli Uffici della Ricostruzione sono stati il vero problema. Hanno sempre detenuto il potere su tutto e non c’è mai stato abbastanza personale. Quello che c’è è sempre stato precario. Adesso almeno pare che il Commissario voglia stabilizzare i tecnici.» Avviene, in effetti grazie al Decreto Rilancio 2 di Agosto, ma è un’esiguità rispetto a una visione estesa e pianificata, su tutto il territorio del cratere. Ad oggi non vi è ancora un prospetto di spesa, dato che sarebbe utile a  pianificare la ricostruzione, comprendere come gestire ad esempio gli stessi soldi che arriveranno sul territorio attraverso il Recovery found.

«Non ci credo più alla ricostruzione. È da tempo che non leggo più le ordinanze. Non so nemmeno a che numero siamo arrivati. Ci hanno preso in giro, io qui sono disperata. Ormai è tardi per pensare a far ripartire questo territorio. Siamo stanchi, la gente non ce la fa più a sperare. In cosa poi?» A parlare è una signora di Arquata. Gestisce una delle poche strutture ricettive della zona con uno sconforto che offusca il futuro.

Ad oggi un terzo delle macerie è ancora da smaltire e le persone si sentono dimenticate. Lo confermano sempre alcuni scambi con chi da anni abita nella precarietà. «Io credo che di domande ne arriveranno, ma non tutte quelle che si aspettano.» Sostiene un abitante delle Soluzioni Abitative Emergenziali (SAE) di Pretare mentre parliamo. Le soluzioni abitative di emergenza, qui, cambiano metratura, colore, ma rappresentano più che mai lo stallo della ripartenza. «In fondo, scusa, questi non hanno ricostruito per anni, la gente ha imparato a vivere con poco, loro malgrado».

Alcune case colpite dal sisma a Pretare, frazione di Arquata del Tronto. Alle spalle il Monte Vettore. Foto: Giulia Scandolara.

Più di una persona, qui ed anche alle SAE di Amatrice, conferma inoltre di sentirsi più sicura nelle casette: «io ho il terrore di rimettere piede in una casa vera. Nelle Sae mi sento al sicuro.» Lo afferma una ragazza, mentre si chiacchiera al Bar La Rinascita. Non è l’unica ad esprimere questa porzione di realtà. Non per tutti è così ma si evidenzia, di fondo, la presenza di una nuova normalità, vuota, adagiata sul nulla delle SAE, dove le persone si chiudono presto in casa e provano a convivere con l’oblio. Ogni casetta ha un piccolo lembo di terra, davanti all’ingresso. Qualche abitante lo ha trasformato in orto, altri, quasi ossessivamente, l’hanno riempito di fiori ad ogni angolo. In ogni caso si percepisce un dialogo con quella realtà impossibile da digerire, fatta di spazi stretti, dove i bambini non sempre riescono a giocare.

Il Commissario Legnini intanto ribadisce: «Basta alibi, ora le norme per ricostruire ci sono». Intervistato dice anche che «(…) nella storia di questo paese le ricostruzioni importanti non sono mai partite prima di quattro anni. (…) Anche a L’Aquila, la ricostruzione leggera partì subito, ma quella pesante ci ha messo esattamente quattro anni per cominciare.» A prescindere dal fatto che, in 4 anni, nel cratere post-sisma 2016, non è nemmeno partita la ricostruzione leggera, ci si chiede se l’affermazione non rischi di tramutarsi in gaffe e se l’alibi a cui porre fine non sia piuttosto quello delle istituzioni stesse. 

Senza alcuna visione e politica post-sisma a favore degli sfollati hanno sperperato le esperienze passate (Umbria-Marche ‘97) in materia di ricostruzione, ad esempio, votandosi all’immobilismo più snervante. Il punto non sono poi i 4 anni in sé, qualora fossero ad esempio votati a una congrua ripartenza sociale ed economica del territorio.

Lapidi abbandonate al cimitero di Amatrice. Foto: Giulia Scandolara.

Esulando per un istante dalle case, l’evidenza è che si è fiaccata la speranza, mortificata la vita. A Norcia, una commerciante del corso non lo manda a dire: «io Conte lo odio, lui e tutti  quelli che vengono qui a fare le passerelle. Vorrei sapere: con quale coraggio». Il dato sensibile della ricostruzione, quello umano, il più volatile, è completamente assente dal raggio d’azione. Tant’è che la frase cardine ribadita in ogni dove è “la ricostruzione non parte”. Si pone lo sguardo sul cemento, sulle infrastrutture, sulle macerie più che sulle persone. Mai, in questi anni, si è sentito invece affermare, altrettanto sonoramente, che la ricostruzione sociale non parte.

Dove si è persa la fiducia, se così fosse? “La speranza degli afflitti non resterà delusa”: cita l’opuscolo della veglia riservata alla popolazione di Amatrice. Riesco a partecipare, perché mi invita una signora, conosciuta in uno dei tanti passaggi per Amatrice. È quella notturna del 24 Agosto scorso, svoltasi senza telecamere e nel buio della notte. A fine celebrazione, alle 3:36, si suona un colpo di gong per ognuna delle vittime delle scosse. Nemmeno a metà dell’elenco molti partecipanti si sciolgono in lacrime. Poi, con mestizia e carichi di umidità, si va tutti a dormire, per ripetere la fila ai cancelli del campo da calcio Paride Tilesi, 6 ore più tardi. Questa volta avverrà sotto il sole e per la messa ufficiale. Appena fuori Amatrice trionferanno intanto nuove scritte, su brandelli di lenzuola: «24-08-2020: bentornati oltre il confine della vergogna».

Preparativi per la messa ufficiale in memoria delle vittime del terremoto, 24 agosto 2020. Foto: Giulia Scandolara.

Durante la cerimonia ufficiale in memoria delle vittime, le proteste non sono più scritte, ma urlate dritte in faccia a Conte. Alla donna che senza preavviso si para di fronte al premier, il Sindaco di Amatrice Antonio Fontanella esclama: «Lo so che siete delusi (…) però abbiamo lavorato per cambiare lo scenario». «Noi vogliamo concretezza. Siamo stanchi delle promesse», spiega tuttavia la donna al Premier. Il Sindaco Fontanella la rabbonisce: «Dobbiamo ringraziare il Presidente che ha ascoltato le proposte del cratere (…) si può ricostruire». Ma tuona, sibillina, poco dopo la voce del Vescovo di Rieti: «La ricostruzione non basta, se non si cura la qualità dei legami interpersonali (…)».

Si va a capo velocemente da quella ricorrenza e Legnini annuncia già poche ore dopo il nuovo obiettivo per la primavera: veder aperti almeno 5000 cantieri privati e pubblici. «Non tengo conto di tutto quello che dice adesso. Ci sono le elezioni. È tutta campagna per farsi notare e stringere alleanze politiche» tornano alla mente le parole di un abitante di Camerino. Pare che dopo anni vi sia una nuova euforia istituzionale. In pochi giorni si tenta forse di risollevare il morale del cratere terremotato con gesti simbolici? Senza preavviso i sindaci si recano tutti insieme da Conte, a Roma. «Se l’avessimo saputo, che andavano a Roma, avremmo organizzato una manifestazione e li avremmo seguiti. Invece hanno preparato tutto e hanno fatto una sorpresa» dice una signora di Amatrice «nessun cittadino sapeva di questo incontro».

Circa due settimane dopo Conte arriva a Norcia e, dopo la visita alle scuole appena inaugurate, passeggia per il centro, lentamente, concedendo selfie. «Non possiamo vedere la basilica così»: dice, mentre annuncia che il colosso ENI aiuterà la ricostruzione di quello che è un simbolo per gli abitanti. Alcuni restano attoniti, ora per le tardive affermazioni del Premier, ora per l’omertà dei nursini. «Adesso si fanno i selfie con Conte?» mi domanda una produttrice locale. «Hanno già dimenticato quello che abbiamo passato per colpa di questi politici?».

La fiducia è finita, certo, esattamente laddove è stato superato il «confine della vergogna», volendo citare uno striscione appeso ad Amatrice proprio in occasione della messa ufficiale del 24 Agosto. Si è appoggiata al trauma non elaborato, alla frattura del dialogo fra istituzioni e cittadini, due realtà che sembrano non entrare mai in relazione, entro una modalità di dialogo realmente interdipendente. A oggi è forse questo il vero nodo. Non sono i soldi (ora in arrivo), la burocrazia (semplificata), ma sono le relazioni, a mancare.

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