Gouren, lotta bretone: l’etnografia di una passione sportiva

“Gouren, la lotta bretone. Etnografia di una tradizione sportiva” è un libro di  che parla dello sport attraverso un’accurata analisi etnografica della pratica di lotta del Gouren, antica lotta bretone.

Gouren

Oltre ad essere un’attività ludica, il Gouren, mette in scena un vero e proprio sistema di valori legato all’identità e alla tradizione territoriale della Bretagna.

Il lavoro, anticipato da una prefazione firmata da Christian Bromberger, uno dei maggiori esperti in materia di antropologia dello sport, assume fin da subito i tratti del racconto etnografico che, oltre a mettere in gioco il linguaggio specifico della disciplina antropologica, si fa carico di una autorità personale legata all’esperienza diretta dell’autore. Il testo vince, infatti, il premio Etnografiphica nel 2016 indetto dalla Biblioteca di Sardegna ed è stato pubblicato dall’Editore Documenta nello stesso anno.

Il libro di Dario Nardini non è solo il risultato di una ricerca di campo legata agli studi antropologici e rinchiusa nei confini accademici, ma è anche il frutto di un’esperienza che coinvolge l’autore sia come studioso sia come appassionato e praticante di sport.

Da che mondo è mondo l’antropologia prevede l’osservazione diretta, la partecipazione. In questo caso si tratta di una partecipazione che coinvolge direttamente il corpo e nella quale l’ “incontro” con l’ “Altro” avviene direttamente sul ring. I valori, l’identità, la tradizione sono alcuni degli argomenti che vengono trattati all’interno del libro, mentre il corpo e la corporeità restano al centro della riflessione e sono il punto di convergenza nel quale confluiscono i vari argomenti trattati.

Il Gouren viene presentato non come una semplice lotta – non è solo uno sport competitivo – ma assume i tratti di un vero e proprio generatore simbolico: d’identità territoriale, di valori legati alla pratica sportiva, insomma, di cultura. L’autore sottolinea spesso questo carattere generativo della pratica di lotta, la quale riunisce una comunità e la caratterizza attraverso l’esercizio, la competizione e, soprattutto, la narrazione.

Viene dedicato molto spazio alla narrazione e alla costruzione del “mito” Gouren. È l’autore stesso a dirci che «la lotta è racconto che si incarna nei corpi ed è corporeità narrativizzata». A cosa serve il racconto se non a costruire i fondamenti della tradizione, ad articolare in linguaggio (verbale, gestuale, etc) i valori di cui si fa carico questo particolare sport e a metterli in scena attraverso la ritualità della lotta?

Corpi, movimenti, mosse, contatto, organizzazione dello spazio, concentrazione e nello stesso tempo, legame con il territorio, con la patria, lo spirito di gruppo, sono tutti elementi di un discorso che si fa racconto nel momento della sua messa in atto, che narra qualcosa di più di semplici corpi che combattono. Narra una storia legata ad un territorio e a delle persone che di quel territorio ne esaltano i valori, l’identità e la tradizione. Si pratica il Gouren, si parla di Gouren, si vive di Gouren. Lo sport risulta essere davvero, come dice Bromberger, un luogo privilegiato in cui l’antropologo può “andare a caccia di specificità culturali”. Senza troppe esagerazioni e con l’umiltà dell’esperienza diretta e dell’”essere stato lì”, l’autore presenta un quadro chiaro, sistematico e complesso degno di una monografia etnografica che si rispetti.

I valori si incorporano, il corpo nella sua fisicità si trasforma, si plasma al modello valoriale dettato dell’esercizio, dall’allenamento, dalla tecnica. Lo sport modifica i corpi facendone dei veri e propri “segni”, li modella, li marchia rendendoli riconoscibili. Il Gouren, si svincola dall’esaltazione di aspetti di natura puramente estetica. Privilegiando la partecipazione e la convivialità questa pratica di lotta si inserisce all’interno di un sistema etico che si fa modello di uno stile di vita, produttore di specificità culturale. È grazie alla tecnica e alla ripetitività implicita in tale concetto che è possibile fare dei valori della tradizione un modello etico strutturante.

Le nozioni teoriche vengono spesso ripetute e argomentate, si sottolinea spesso il ruolo di costruttore culturale che lo sport assume in quanto pratica che genera e articola valori. Questo aspetto viene esaltato passando anche attraverso la nota nozione di habitus di Bourdieu, tanto cara agli scienziati umani soprattutto legati all’ambiente francese. La teoria della pratica è il riferimento teorico principale. La pratica dello sport, del Gouren, viene analizzata in tutti i suoi aspetti. Non vengono trascurate nemmeno le questioni di genere, a cui viene dedicato un intero paragrafo.

Un altro aspetto molto interessante e che rende questo lavoro davvero particolare è l’aspetto della passione. Cosa voglio dire: io credo che tutti gli amanti e soprattutto i praticanti di sport, di qualsiasi sport, siano dotati di un particolare statuto emotivo, che definirei, senza troppi giri di parole come: l’esperienza della passione.

Ecco, il libro di Dario Nardini, può essere definito a tutti gli effetti come “l’etnografia di una passione”. È l’autore stesso e rivelarci che per lui non si tratta solo di un argomento qualsiasi sul quale fare uno studio, ma di una vera e propria passione, quella per il corpo a corpo, che lo coinvolge direttamente da tutta la vita. Una passione doppia in questo caso – sia per gli sport di lotta che per l’antropologia – insita nel testo e che viene trasmessa attraverso uno stile sobrio e scorrevole che rende il lavoro semplice ed entusiasmante. Una lettura fluida interrotta ogni tanto da note di campo, legate all’esperienza di osservazione, che accendono la narrazione e trasportano il lettore sul ring, a contatto diretto col corpo proprio e quello degli “Altri”.

Insomma Corpo, cultura, valore, pratica, sono le parole chiave di questo lavoro etnografico, ma anche, partecipazione, tradizione, convivialità. Tutto ben armonizzato e legato insieme grazie al concetto di corporeità, ossia quella nozione teorica che mette il corpo al centro, che ne fa punto prospettico da cui osservare il resto. Un vero paradigma delle scienze umane contemporanee, che non ha altro intento che quello di farci capire qualcosa di più di noi e degli altri. Prima di essere antropologi, lottatori, scrittori o lettori, siamo corpi, corpi nel mondo.

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