Gli spazi pubblici post-sisma all’Aquila

La resistenza degli spazi pubblici all’Aquila dopo i terremoti

Piazza Duomo (agosto 2017). Foto dell’Autrice.

Questo contributo è un estratto del lavoro di ricerca della mia tesi di dottorato in Geografia, incentrato sulla tematica degli spazi pubblici post-disastro in un contesto urbano, con lo scopo di verificare se strade, piazze e aree verdi hanno avuto un ruolo strategico e se hanno resistito ai cambiamenti avvenuti nella fase di ricostruzione post-sisma (Quarantelli, 1993; de Certeau, 2001). Lo studio ha, dunque, analizzato gli spazi pubblici dell’Aquila nella storia dei suoi terremoti più distruttivi avvenuti nel 1315, 1349, 1461, 1703, 1915 e 2009. L’obiettivo della ricerca è mostrare la capacità degli spazi pubblici urbani di resistere come tali in contesti post-disastro, studiando la loro evoluzione morfologica e funzionale, sia a livello pratico che simbolico, in seguito agli eventi sismici citati. Pertanto, lo studio ha rintracciato gli elementi fisici e/o la funzione sociale ed economica degli spazi pubblici sia dopo i terremoti che tra un sisma e l’altro.

Il percorso di analisi è consistito nella ricerca di fonti storiche dirette e indirette, nella ricognizione cartografica, iconografica e fotografica della città e nell’indagine condotta sul campo, attraverso un approccio partecipativo. Questo ha permesso di individuare gli utilizzi degli spazi della socialità da parte dei giovani nel tempo libero in seguito al sisma del 2009. È stato inoltre possibile analizzare i dati raccolti tramite la categorizzazione degli spazi pubblici seguendo due criteri: temporale (spazi pubblici che dopo i disastri si sono mostrati sempre strategici e quelli nati dopo i disastri, che hanno mostrato forme di resistenza) e funzionale (spazi pubblici che, rispetto al tipo di utilizzo, hanno mantenuto il loro ruolo cruciale, quindi in base alle loro funzioni, siano esse politiche, economiche, sociali e culturali).

Un lavoro di questo tipo, che ha coniugato la ricerca d’archivio a quella sul campo tramite un approccio partecipativo, ha voluto mostrare come sia importante una riflessione sugli spazi pubblici urbani, intesi come spazi sociotopici (Turco, 2001, 2003), così denominati in quanto essi rappresentano il luogo in cui si fuoriesce dall’esperienza individuale per immettersi in quella collettiva e, quindi, il luogo in cui la comunità si confronta e dialoga. Pertanto, lo spazio pubblico urbano assume una funzione centrale, in quanto è lo strumento che serve a riavvicinare la collettività ai suoi luoghi in seguito a un disastro.

Questo indica che il concetto di spazio pubblico e quello di partecipazione sono strettamente connessi: in primo luogo, perché la sociotopia è qualcosa che si costruisce dal basso; in secondo luogo, perché vivere lo spazio pubblico vuol dire partecipare alla vita politica della città e, di conseguenza, senza di esso si limita la partecipazione della cittadinanza. Coniugare spazio pubblico e partecipazione risulta essere ancora più importante nella fase di ricostruzione post-disastro, in quanto entrambe svolgono un ruolo cruciale nell’agevolare l’adattamento alle nuove condizioni, nell’attuare adeguate politiche di gestione del territorio e nel migliorare le dinamiche sociali e dell’agire territoriale della collettività (Turco, 1984, 1988).

Grazie ai criteri temporali e funzionali sopra citati, utilizzati per la categorizzazione degli spazi pubblici, sono stati ottenuti dati molto significativi, ma di seguito si riportano solo quelli principali. Innanzitutto, è emerso che alcuni spazi pubblici hanno sempre resistito, nonostante abbiano cambiato la loro funzione; anzi, il mutamento di funzione, dopo i sei terremoti, ha permesso di mantenere la loro capacità di reazione agli eventi sismici. Si tratta, tra l’altro, di spazi sociotopici nei quali si è manifestata l’azione collettiva della comunità e attraverso i quali si è espressa la partecipazione diretta dei cittadini al processo decisionale, mettendo in discussione il potere costituito e proponendo alternative alle politiche condotte e/o imposte dall’alto. Gli spazi pubblici in questione – e che verranno brevemente presentati – sono: Piazza S. Francesco o Piazza Palazzo, Piazza del Mercato o Piazza Duomo, l’area di Campo di Fossa e le mura urbane.

Spazi pubblici sociotopici nei post-sisma aquilani. Realizzazione cartografica a cura dell’autrice.

Piazza Palazzo, nell’arco dei sei terremoti esaminati, è uno degli spazi che ha sempre resistito e con una funzione abitativa nei post-sisma trecenteschi e in quelli del 1703 e del 1915. A questa funzione si è aggiunta quella religiosa dopo il sisma del 1461, poiché sulle piazze sono stati eretti degli altari per lo svolgimento delle attività liturgiche, attraverso le quali la popolazione aveva modo di incontrarsi, riunirsi e ritrovarsi come comunità. Con il terremoto del 2009 questo spazio ha sviluppato una funzione esclusivamente politica, poiché da Piazza Palazzo sono iniziate le “domeniche delle carriole”, nel corso delle quali migliaia di persone si sono ritrovate in centro per rimuovere le macerie dalla zona rossa (interdetta agli abitanti), con lo scopo di esprimere il desiderio di partecipare alla ricostruzione della città, di riportare l’attenzione su quello che stava accadendo all’Aquila e di chiedere la riapertura del centro storico nel più breve tempo possibile.

Piazza Palazzo (gennaio 2021). Foto dell’Autrice.

Piazza Duomo, la piazza maggiore della città, ha sempre svolto un ruolo strategico nei post-sisma, anche cambiando la propria funzione da abitativa a religiosa, economica e politica. Tra gli elementi più interessanti di questa piazza c’è la sua capacità di assumere contestualmente più funzioni, come dopo i terremoti del 1461, 1703 e 1915. Si tratta dunque non solo di un’area con funzioni abitative, ma anche politiche, economiche e religiose. Ciò dimostra quanto essa rappresenti uno spazio fondamentale e di riferimento per la comunità aquilana, in quanto ha assunto un carattere centrale nella vita cittadina. Dopo i sismi trecenteschi la funzione è stata esclusivamente abitativa, in quanto su di essa si costruiscono le baracche che ospitavano gli sfollati; con il sisma del 1461 ha svolto anche una funzione religiosa, poiché nelle piazze della città vengono innalzati degli altari. Piazza Duomo si configura come luogo privilegiato dello scambio e dell’attività commerciale e, in effetti, dopo un paio di mesi dalla scossa del 1703, ha svolto anche una funzione economica, grazie alla ripresa del mercato del sabato.

Si trovano perciò a convivere, sulla stessa piazza, il mercato e le baracche degli sfollati, come è avvenuto dopo l’evento sismico del 1915. Dopo il terremoto settecentesco la piazza è diventata anche il simbolo dell’autorità politica, poiché su di essa si tengono le riunioni pubbliche del Consiglio Generale cittadino. In seguito al sisma del 2009 questo spazio ha perso la sua funzione abitativa, ma ha preso in carico quella politica, divenendo luogo di discussione e partecipazione cittadina. Infatti, le due piazze succitate, dopo il 2009, hanno rappresentato gli spazi della mobilitazione e dell’attivismo delle comunità locali che hanno provato a suggerire possibili alternative di governo del territorio.

Villa Comunale (gennaio 2021). Foto dell’Autrice.

L’area di Campo di Fossa ha sempre resistito, mantenendo una funzione abitativa dai terremoti medievali fino al post-sisma del 1915. Fino al Settecento l’area aveva un’unica edificazione, inserita in un esteso contesto di orti, coltivazioni di cereali e zafferano. Nel XIX secolo sono state apportate modifiche, come l’apertura di Porta Napoli a Sud delle mura e la realizzazione del Viale di Porta Napoli (l’attuale Viale Francesco Crispi) e del Viale di Collemaggio. Dopo il terremoto del 1915, nell’area di Campo di Fossa è stata costruita la più grande baraccopoli dell’Aquila per accogliere gli sfollati, ma su di essa si sono ricollocati anche alcuni uffici. L’apertura di Via XX Settembre, che collegava la zona alla neonata stazione ferroviaria, ha dato luogo a un’estesa costruzione di villini antisismici (dagli anni ‘20-‘30 agli anni ‘60) invece di prevedere abbattimenti e ricostruzioni nelle aree del centro storico più danneggiate.

Tale situazione ha aperto un ampio dibattito in città, tanto che Campo di Fossa ha assunto una funzione politica ed economica legata al ruolo del governo locale e agli interessi speculativi privati. Durante il ventennio fascista è stata autorizzata la costruzione di quartieri di edilizia popolare e, tra gli anni ‘50 e ‘60, la speculazione edilizia e immobiliare ha portato a ulteriori costruzioni e a un aumento della cubatura. Si è trattato di interventi disorganici, a dispetto del piano regolatore, i cui effetti si sono sentiti dopo il sisma del 2009 con il crollo di molte palazzine collocate anche nell’area in cui, dopo il terremoto del 1703, erano state depositate le macerie degli edifici danneggiati. Dopo il sisma del 2009, dunque, l’unico spazio pubblico all’Aquila era la Villa Comunale, che ha assunto una funzione sia economica (con l’apertura di attività commerciali e artigianali in piccole casette di legno e con l’organizzazione di mercatini dell’antiquariato) che culturale (con lo svolgimento di manifestazioni e cinema all’aperto gratuito).

Un tratto delle mura urbane a Nord del centro storico dell’Aquila (gennaio 2021). Foto dell’Autrice.

Le mura urbane, infine, hanno sempre avuto una capacità di resistenza soprattutto in seguito ai terremoti medievali, svolgendo una funzione politica/strategica e difensiva/militare che hanno in parte conservato dopo il terremoto del 1703. Dopo gli eventi sismici del XIV secolo, in effetti, le mura hanno svolto un ruolo chiave in quanto L’Aquila è ripartita proprio dal loro completamento (1315-1316) e rifacimento (1349), a cui partecipò tutta la popolazione. Con l’espansione della città dopo il sisma del 1915, le mura hanno perso la loro funzione difensiva e politica, tanto che alcuni tratti, specialmente nel ventennio fascista, sono stati abbattuti, cambiando  inevitabilmente la forma urbana. Fino al sisma del 2009 le mura sono state, per lo più, un arredo urbano, occultato dalla vegetazione infestante e degradato dagli interventi edilizi a ridosso. Il terremoto del 2009 ha rappresentato l’occasione per riqualificarle: buona parte del tracciato murario è stata ristrutturata e, in alcuni punti, sono stati creati dei camminamenti per riappropriarsi delle mura come spazio collettivo e assumendo una funzione prettamente culturale.

Un altro tratto delle mura urbane a Nord del centro storico dell’Aquila (gennaio 2021). Foto dell’Autrice.

Alla luce di quanto detto emerge che in situazioni di post-disastro, grazie alle risorse e ai valori collettivi della cittadinanza e attraverso gli spazi pubblici sociotopici, L’Aquila ha recuperato la propria stabilità.

Gli spazi pubblici della città dell’Aquila hanno dimostrato nei secoli di svolgere un ruolo fondamentale per la comunità e di avere nel tempo un ruolo strategico, anche grazie alla loro capacità di cambiare funzione e utilizzo e di acquisire nuovamente la funzione pre-sisma. Questo, però, non si verifica per Piazza Duomo dopo il terremoto del 2009: a oggi la piazza è tornata a essere un luogo di socializzazione e d’incontro, ma non è riuscita ad assumere la sua originaria funzione economica, ovvero quella di piazza dove si svolgeva, e si è sempre svolto, il mercato.

Rispetto agli spazi pubblici sociotopici analizzati e al ruolo della partecipazione della collettività dopo ciascun terremoto, vale la pena evidenziare che nei post-sisma del 1315 e del 1349 sono le mura urbiche a svolgere una funzione politica, strategica e di riappropriazione dell’identità comunitaria, mentre dopo il terremoto del 1703 è la Piazza del Mercato e in seguito al sisma del 1915 è l’area di Campo di Fossa. Dopo l’evento sismico del 2009 sono invece Piazza Duomo e Piazza Palazzo ad assumere un ruolo cruciale per la cittadinanza. Attraverso questi spazi la comunità ristabilisce le regole del vivere insieme e partecipa democraticamente alla vita cittadina. In questi luoghi si manifesta l’azione collettiva della comunità e si mette in discussione il potere costituito, consentendo alle persone di vivere pienamente la città.

BIBLIOGRAFIA

de Certeau M. (2001), L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma.

Quarantelli E.L. (1993), “Disastri”, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, Treccani, Roma.

Turco A. (1984), “Lo spazio non-regionalizzato: una versione sistemica”, in Id. (a cura di), Regione e regionalizzazione, FrancoAngeli, Milano, pp. 83-106.

Turco A. (1988), Verso una teoria geografica della complessità, Unicopli, Milano, pp. 120-124.

Turco A. (2001), “Sociotopies: institutions géographiques de la subjectivité”, in Cahiers de géographie du Québec, 45, 125, pp. 269-284.

Turco A. (2003), “Sociotopie: istituzioni postmoderne della soggettività”, in Dematteis G., Ferlaino F. (a cura di), Il mondo e i luoghi: geografie delle identità e del cambiamento, IRES, Torino, pp. 21-31.

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