Galassia Valle occupato: Varia Multiplex Multiformis

Riprendiamoci il Valle

Il 30 settembre al Teatro Valle Occupato si è tenuta l’Assemblea nazionale dei lavorat* della conoscenza: «dalla messa in crisi del sistema a nuove forme di autogoverno»; giornata densissima (con i lavori formalmente iniziati alle 11 fino alle 19.30, ma in realtà proseguiti fino alle 21, con un unico intervallo) che voleva essere punto di incontro per le numerosissime realtà culturali che vivono la crisi; aggregazione che si prospettava punto di partenza per coagulare e rilanciare i temi fondamentali che in questi ultimi anni riguardano gli operatori culturali.

La giornata era divisa in una prima sessione, più generale, sulla cultura e sulle domande che erano state poste nella “chiamata” (dal titolo evocativo Sherazade inganna la crisi); mentre il pomeriggio doveva rivolgersi alla discussione sulle pratiche di azione comune e al tema fondamentale dei beni comuni.

Non credo sia semplice far incontrare realtà eterogenee, appartenenti a diverse parti d’Italia, accomunate “semplicemente” da quelle poche -importanti- parole: lavoratori della conoscenza, cultura bene comune, crisi. Eppure mi sembra, dagli articoli dei giorni scorsi, che spesso sia stata sottostimata la molteplicità (positiva) delle posizioni e delle proposte di quella giornata. Perché quelle reti, associazioni, persone singole che sono sempre state, sommersamente, attorno a noi e lavorando per noi, avranno in questi mesi le possibilità per costituire una galassia visibile, con una voce e un progetto. Che non c’è ancora, e che deve passare per una comprensione e un percorso comune. Per questo, iniziative lodevoli come l’iniziativa di C.RE.S.CO, ovvero l’inchiesta Rispondi al futuro, sono un passo importante (non l’unico) per la nostra “autocoscienza pratica”.

Per questo motivo, senza voler dedicare vetrine a nessuno, ho pensato di raccogliere qualche appunto sulla varietà delle posizioni, sui “chi siamo” individuali e collettivi, per afferrare alcune questioni della giornata. Saranno le scelte condivise a provvedere a ridefinire e cambiare queste identità. Poco mi interessano i nomi (anche famosi, che troverete altrove) ma le posizioni in senso di idee, di identità (sociali), di pratiche.

Arrivo al Valle con un po’ di ritardo, tento di orientarmi, firmo le presenze, mi spaparanzo in una sedia: non è ancora iniziato. Pochi secondi dopo si spengono le luci, la mattina inizia con un piccolo duetto, violoncello e voce. Sul drappo della scena è scritto “l’Alba”. Applausi, si parte.

Economisti giuristi tecnici artisti impiegati: «la finanza non ha potere, è potere» dice Andrea; la battuta d’inizio dei lavori nasce all’insegna della crisi, e dei temi ad essa legati del debito pubblico e degli adeguamenti strutturali. «La finanza diventa biopotere, potere sulle vite». Assieme al lavoro di divulgazione, comprensione e opposizione ai meccanismi macroeconomici si pone l’azione dei giuristi impegnati nella creazione di forme legali per il Valle (e per le altre realtà culturali autogestite). Un fronte culturale comune, che attraversi e rompa gli scompartimenti delle discipline è un passo necessario per una coscienza condivisa (e pratica). Non permettere che vi siano campi “tecniche”, risultati di un sapere oscuro e mai divulgato, ma utilizzare le scienze umane, le tecniche di produzione e le arti come strumenti che assecondino un’idea e un progetto comune. La domanda se nuove forme di creazione culturale siano possibili passa per una necessità di riflessione e interazione tra tutti i momenti del processo della cultura (dalla legislazione ai finanziamenti all’ideazione alla messa in pratica alla diffusione alla fruizione) Altre leggi per altri modi/ritmi di creazione.

Precarietà pubblica, precarietà privata: una grande eterogeneità, forse troppa per poter essere compresa e convogliata in una volta sola, ha caratterizzato l’assemblea. Se nella condizione del precariato si riconosce la maggior parte di coloro che entravano al Valle, è anche vero che questa realtà si “esistenzializza” e chiama a parlare anche lavoratori dei settori indipendenti (come i grafici, o i lavoratori dell’editoria) che vedono nella battaglia per diritti di base un sentiero comune; e, anche se i grandi sindacati confederati sul precariato sono ancora molto indietro, ciò non toglie che il lavoro su un nuovo modello sociale, e su riforme di stabilità sia un passo su cui è necessario il confronto/scontro (Enrico chiede «al sindacato di fare un passo indietro»). La sfida del dialogo, all’insegna della comunanza degli obiettivi, è sufficiente? E la lotta al precariato perché non può essere compiuta insieme a chi precario non è? (Claudio: «noi [Flc] lavoriamo ad un nuovo modello sociale») Diversi professori universitari, parlamentari e giornalisti dei maggiori quotidiani, che hanno contribuito e continuano a contribuire fortemente alla discussione e sviluppo del Valle, in qualche modo non ne fanno parte pienamente? E con loro chiunque un minimo di stabilità l’abbia conquistata?

Occupanti e occupati: secondo tempo, secondo spettacolo: The haunted house, con Buster Keaton, proiettato e “sonorizzato” da un duo chitarra e batteria. Il pomeriggio, inizialmente pensato per chiudere le questioni, e per parlare più specificatamente di beni comuni, ha invece visto continuare questa propagazione di esperienze, singolarità, questa volta direttamente legate alla pratica delle occupazioni o riappropriazioni di stabili, o ai modi diversi con cui difenderli e donarli (tavoli partecipati, rimesse in opera, programmazioni culturali). E ha permesso di far conoscere a molti di noi tutte quelle realtà, significative e durature, purtroppo spesso ignorate dai media mainstream. Ma la questione, come ribadito più volte, è di «metterci il culo; noi che occupiamo ce l’abbiamo messo il culo. Proponiamo forme di autorganizzazione e di autogoverno» (Fulvio). L’idea dell’occupazione prolungata dei “luoghi dei beni comuni italiani” (ospedali scuole teatri acquedotti etc) è una decisione radicale e che va condivisa nella pratica, perché non si crei una frattura profonda tra occupanti e occupati, tra chi decide di mettersi in gioco fino in fondo, di non contribuire a far andare avanti il sistema, e chi invece ritiene di non avere tempo, modi, forza per darsi completamente al progetto.

Le dimensioni di questa galassia, i temi messi in campo, lungi dal chiudersi ora sono destinati a durare a lungo: e credo che questo sia davvero un bene.

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