Pubblichiamo oggi in anteprima un estratto dell’ultimo libro di John Foot: La “Repubblica dei matti” – Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia, 1961-1978 da oggi in libreria (Feltrinelli 2014, trad. di Enrico Basaglia).*
Sfogliando il ricco volume attraverso il quale lo storico inglese John Foot ricostruisce l’esperienza basagliana che, a partire dai primi anni Sessanta, segnò la storia di questo Paese, abbiamo deciso di selezionare un paragrafo che, tra gli altri, ci pareva particolarmente prezioso. Se una delle cifre e delle ambizioni di questo testo consistono nella responsabilità di cui si fa carico l’autore, di provare a raccontare – da una prospettiva per certi versi (troppo?) più esterna del solito e per altri (troppo?) più interna – alcuni snodi che hanno caratterizzato la storia del movimento di psichiatria radicale sviluppatosi attorno alla chiusura dei manicomi in Italia, un’altra è quella di dare un volto e una voce ad alcune delle persone che hanno vissuto questa esperienza in prima linea.
Tra queste, la figura di Franca Ongaro, compagna di una vita di Franco Basaglia, di cui raramente e con grandi difficoltà si è potuto raccogliere del materiale. Ed è per questo che oggi, su gentile concessione dell’autore e dell’editore, pubblichiamo la porzione di testo presente nel libro a lei dedicata.
Franca Ongaro (1961-1969)[1]
Lui è un uomo di un’estrema fantasia e irrazionalità e io sono diventata una persona estremamente logica. Credo di essermi in un certo senso costruita come complementare a lui, dato che credevo a quello che faceva perché quello che faceva mi corrispondeva. (Franca Ongaro)[2]
In fondo c’ero sempre. (Franca Ongaro)[3]
[Franco Basaglia] viveva in una splendida casa con due figli e una moglie bella e intelligente, Franca Ongaro, che gli faceva da segretaria e lo aiutava a scrivere gli articoli. (Giovanni Jervis)[4]
Ora che la mia lunga lotta con e contro l’uomo che ho amato si è conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per far capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l’interlocutore svaniva, e io restavo sola, sotto il peso di una verità che si riduce a un’arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l’altro non la fa anche sua. (Franca Ongaro, 1980)[5]
L’esponente principale, e la più fedele, dell’équipe basagliana era Franca Ongaro (che si firmò anche, in diversi momenti, Franca Ongaro Basaglia e Franca Basaglia). Era una bella donna, che negli anni Settanta sarebbe diventata per molti una sorta di icona femminista. Una donna forte, indipendente, di grande personalità, che fu una compagna (forse) alla pari nel matrimonio con un uomo famoso e carismatico. Ma visse anche nella sua ombra, non ottenendo mai pieno riconoscimento del ruolo avuto nel successo di lui e del movimento nel suo insieme. Non compare nella foto dell’équipe risalente (forse) al 1967. Lei e Franco furono inseparabili per tutta la vita, ma l’unione non fu priva di tensioni. Di fatto, proprio dalle loro differenze, da quelle stesse tensioni, deriva in parte l’energia che anima le opere più forti e influenti che scrissero insieme.
Franca fu a Gorizia fin dall’inizio, e per l’intero periodo fino al 1968. Rinunciò al suo lavoro di scrittrice [6] per dedicarsi alla lotta, che diventò la missione della sua vita nonostante i due figli piccoli (nei primi anni) da allevare. Ma Franca Ongaro non faceva ufficialmente parte dell’équipe, e non fu mai impiegata nell’ospedale (né in alcun’altra istituzione). [7]
Apparteneva comunque all’équipe nel modo più evidente, se non ufficiale: fu un elemento fondamentale nelle pubblicazioni legate all’esperimento goriziano, era spesso presente in ospedale e partecipava a tutte le discussioni strategiche.
Franca e Franco si erano incontrati a Venezia nel 1945, quando lei aveva solo diciassette anni. Al liceo era stata una studentessa brillante, ma circostanze di famiglia le avevano impedito di passare all’università: fu costretta a impiegarsi come dattilografa in una grande società elettrica, la Sade. Aveva ambizioni letterarie, e negli anni Cinquanta e Sessanta scrisse diversi racconti per bambini per il «Corriere dei Piccoli». Aveva proposto, senza successo, alcuni libri a diversi editori.[8]
Nel periodo goriziano fu costantemente al fianco del marito, ma non certo nel ruolo stereotipato della casalinga. Franca fu sempre un elemento chiave (o meglio la componente e lo strumento chiave) nel processo di scrittura di Franco Basaglia, e nella sua evoluzione teorica e politica. Di fatto i loro scritti vanno forse attribuiti più a lei che a lui.
Fu lei a scrivere materialmente tutti i loro articoli (e molte delle lettere) e libri a partire dal periodo goriziano, anche se a volte gli scritti successivi assumono un tono diverso. [9]
Franca scrisse anche articoli usciti solo a suo nome, firmò contributi a Che cos’è la psichiatria? e all’Istituzione negata e tradusse testi fondamentali come Asylums di Goffman. E fu tra i firmatari della famosa lettera di dimissioni dell’équipe nel 1972, il momento che chiuse ufficialmente l’esperienza basagliana a Gorizia.
Dopo il 1969 le cose cambiarono. Franca ritornò a Venezia con i figli, mentre Franco si trasferiva in altri manicomi. Era sempre un personaggio chiave, e per tutti gli anni Settanta fu una presenza costante a Colorno e Trieste, ma non ebbe più il ruolo centrale nel movimento che aveva avuto a Gorizia. Non prese parte attiva al movimento femminista, ma ebbe una funzione simbolica di grande rilievo. Nel 1977, per esempio, scrisse la prefazione a un testo destinato a diventare fondamentale per il femminismo italiano, Processo per stupro. [10] Franca fu inoltre un elemento determinante nell’importantissimo rapporto con Giulio Bollati e l’Einaudi. Era lei a occuparsi materialmente della stesura dei testi, e fu in contatto costante con Bollati durante la produzione di una serie di libri, a cominciare dall’Istituzione negata. Fu una grande amicizia, parallela a quella tra l’editore e lo stesso Basaglia.
Varrà la pena, a questo punto, di provare a districare il procedimento alla base della “scrittura comune” dei Basaglia. Le idee e i processi mentali di Basaglia erano fantasiosi e profondi, ma spesso apparivano confusi, e talvolta sconcertanti. Franca trovava la forma e il filo narrativo, anche se spesso lo stile risultava oscuro, e la forma frammentaria.
È evidente che i Basaglia “scrivevano” insieme: i loro scritti individuali sono molto diversi da quelli “in comune”. Nelle pubblicazioni successive di Franca Ongaro mancano la vitalità e il livello di complessità di quelle degli anni Sessanta e Settanta, e i primi articoli di Franco Basaglia, prima di Gorizia, hanno uno stile molto più accademico. Il disordine istintivo e prorompente delle idee di Franco veniva messo in riga, e in pagina, da Franca. Non era facile, come non è facile capirlo. C’erano discussioni continue su ogni singola parola. Come scrive Franca, in quel famoso passo autobiografico: «So che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per far capire, per farmi capire; talvolta era un dialogo».
Pare di capire che la “scrittura comune” dei Basaglia, a partire da Che cos’è la psichiatria?, procedesse così: discutevano insieme, a lungo, quello che volevano dire; Franca prendeva appunti, poi batteva a macchina una prima bozza. Questa versione veniva ridiscussa, ancora una volta a lungo. Ne usciva una versione finale, che Franca ribatteva. La procedura non aveva assolutamente nulla del dettato; semmai, la scrittura era in buona parte di Franca, non di Franco. Ma entrambi, ciascuno a suo modo, davano il proprio contributo. Franco non ne parlò mai, e Franca ci ha lasciato soltanto quell’unica, affascinante, dichiarazione.
Anche le loro lettere erano collettive, costruite come un dialogo spontaneo – tra l’altro lei era una delle poche persone che riuscissero a decifrare la calligrafia di Franco Basaglia, che lui usava nelle rare occasioni in cui scriveva da solo.
Gli studi critici su Basaglia tendono a sottovalutare Franca Ongaro, che a volte non compare nemmeno. In altre occasioni viene presentata come una semplice “dattilografa”, o addirittura come una “segretaria” di lusso. Zanetti la definisce «sua valente collaboratrice».[11] Non pare contare il fatto che su buona parte del loro lavoro compaiano entrambe le firme. Gli studiosi preferiscono ignorare del tutto questo riconoscimento di una “scrittura comune”, o si limitano a farne cenno in una condiscendente nota a pie’ di pagina.
In generale il corpo dei loro scritti viene attribuito, quantomeno sul piano della sostanza dell’analisi, al solo Franco. Per certi versi, la cosa fu voluta: negli Scritti pubblicati postumi,[12] per esempio, o nella scelta di proclamare L’istituzione negata «a cura di Franco Basaglia». Tanto più che, come abbiamo già osservato, Franca non fece mai ufficialmente parte dell’équipe, né a Gorizia né a Trieste, e in quest’ultima città la sua presenza fisica fu assai meno frequente, dopo il rientro a Venezia nel 1969. È vero, certo, che negli anni Settanta creò a Venezia un istituto chiamato Centro critica delle istituzioni[13] , ma il fervore iniziale non tardò a spegnersi, e ben pochi dei suoi ambiziosi progetti di pubblicazioni, attività e ricerche furono realizzati.
Per molti versi Franca Ongaro riuscì ad affermarsi solo dopo il duro colpo della morte di Franco nel 1980. Fu eletta per due legislature al Senato nelle liste della Sinistra indipendente (1984-1991), e lavorò instancabilmente per l’effettiva applicazione della legge del 1978, opponendosi ai tanti tentativi di controriforma.
Dopo il 1980 continuò a pubblicare libri e articoli a suo nome, oltre a curare per Einaudi i due volumi degli Scritti di Basaglia. Fu autrice prolifica di testi e introduzioni, e fino all’ultimo viaggiò in Italia e nel mondo per sostenere la causa della riforma psichiatrica. È sorprendente quanto siano rari, nelle pubblicazioni su Franca Ongaro, gli accenni personali, e perfino gli aneddoti.
I necrologi dopo la sua morte nel 2005 sono per lo più aridi elenchi di fatti, che forniscono ben poche informazioni non reperibili nelle note biografiche già esistenti. Fa eccezione Massimo Cacciari, nel discorso che tenne al suo funerale. [14] È indubbio che il colpo della morte prematura di Franco Basaglia fu duro e doloroso, soprattutto per Franca, Alberta ed Enrico. Ma Franca non scrisse mai di se stessa, né mai collegò il suo lavoro con la sua autobiografia. Per lei, in pubblico quantomeno, il personale non era politico. Per ricostruire la sua vita privata, siamo costretti a leggere tra le righe.
Note
* Si ringrazia la Fondazione Franca e Franco Basaglia per la gentile concessione delle immagini qui pubblicate.
[1] Cap 4, La squadra. La prima équipe a Gorizia, 1961 – 1969, pp. 55-59.
[2] Basaglia et al., La nave che affonda, cit., p. 98.
[3] Ivi, p. 97.
[4] Jervis, Il buon rieducatore, cit., p. 20.
[5] Questa sezione è intitolata Congedo. Franca Basaglia Ongaro, Una voce. Riflessioni sulla donna, il Saggiatore, Milano 1982, p. 147.
[6] Franca aveva pubblicato diversi racconti, alcuni illustrati da Hugo Pratt, suo amico d’infanzia.
[7] Non aveva studiato psichiatria, né frequentato l’università, a parte un breve periodo a Trento alla fine degli anni Sessanta. Viene definita “sociologa” in qualche pubblicazione, ma non si laureò mai. Altri esponenti di quella che potremmo definire “la squadra estesa” erano nella stessa posizione, ma la cosa assume ben altra rilevanza per Franca Ongaro, considerati la sua presenza costante a Gorizia e il fatto che fosse la moglie di Basaglia.
[8] Alcune sue lettere di questo periodo sono conservate nell’Archivio Einaudi.
[9] Non è chiaro se lo stesso avvenisse anche per la produzione più accademica di Basaglia negli anni 1953-1961.
[10] Il processo ricostruito nel libro era stato il soggetto di un documentario che sconvolse l’Italia, Processo per stupro, trasmesso dalla Rai nel 1979 (60 minuti, regia di Loredana Rotondo). Il libro uscì nel 1980: Maria Grazia Belmonti et al., Un processo per stupro. Dal programma della Rete 2 della televisione italiana, prefazione di Franca Ongaro Basaglia, Einaudi, Torino 1980.
[11] Parmegiani e Zanetti, Basaglia. Una biografia, cit., p. 32. Oppure anche: “La principale collaboratrice di Franco Basaglia”, in Saverio Luzzi, Salute e sanità nell’Italia repubblicana, Donzelli, Roma 2004, p. 333 nota 2. Babini la definisce “credente”, ma Franca Ongaro non era affatto religiosa (Babini, Liberi tutti, cit., pp. 267-268). Franca Ongaro viene presentata anche come «compagna di tutte le sue [di Basaglia] battaglie istituzionali» (p. 267). Si veda anche il numero speciale dedicato dai “Fogli d’informazione” al conferimento a Franca Ongaro Basaglia di una laurea honoris causa all’Università di Sassari (188, XXIX, gennaio- febbraio 2001). Anche in questo volume, comunque, a parte qualche cenno nel testo introduttivo di Maria Grazia Giannichedda, c’è ben poco di personale su Franca.
[12] Gli Scritti postumi vengono in genere attribuiti a Franco, come fossero il monumento eretto dalla moglie alla sua memoria. Più specificamente, in copertina compare solo il cognome “Basaglia”, mentre il frontespizio presenta come unico autore Franco Basaglia. Franca Basaglia viene indicata come curatrice.
[13] Chiamato anche Critica delle Istituzioni. Centro Internazionale di Studi e Ricerche: cfr. Basaglia e Ongaro (a cura di), Crimini di pace (2009), cit., p. 10.
[14] Si veda www.ilfoglio.org/319/Franca_Ongaro_Basaglia.htm