Drag king: mettere in scena (e decostruire) il privilegio maschile

Un estratto – arricchito da tante immagini – da “Il Re nudo. Per un archivio drag king in Italia“, a cura di Michela Baldo, Rachele Borghi e Olivia Fiorilli (Edizioni ETS, 2014).

il re nudo

Decostruire il privilegio (cap. 2, pp. 53-56)

Il lavoro di costruzione di una maschilità “convincente” nell’ambito del kinging permette di sperimentare sul corpo quanto pervasivi possano essere i meccanismi di genderizzazione che arrivano ad investire i più piccoli gesti e le più impercettibili attitudini corporee. L’esperienza del kinging può mostrare quanto alcuni codici della femminilità siano profondamente incorporati, come si può leggere, ad esempio, nei testi di Tati aka Paolo (testo p. 62), Laura Sergiampietri aka Tommaso (testo p. 65), Antonella D’Annibale aka Walter Ego (testo p. 67); quanto le aspettative sociali legate alla femminilità normativa, l’imperativo di performare la cura, l’ascolto (fra aka Danny), il lavoro affettivo, (“lascia spazio”, “sii accogliente”, “mostra interesse e attenzione”) possano essere radicalmente interiorizzati. D’altra parte, il passing può essere un’esperienza esaltante e spaesante. Sperimentare sulla pelle quanto pochi particolari chiave, le cosiddette protesi (materiali e immateriali) dell(e) maschilità, diano la possibilità di trovarsi catapultat* in una nuova posizione (Torr e Bottoms 2010) dentro la rete di relazioni di potere disegnata dalle interazioni tra persone e dagli incroci di sguardi, è un’esperienza “psichedelica”, come scrive Roberta Padovano aka Miguel/Alan Tormenti (testo p. 51).

Lo sguardo è un tema centrale in molti degli scritti, delle impressioni, delle foto prodotte dai king che hanno partecipato a questo lavoro. Guardare ed essere guardat* è una dimensione affettiva fondamentale nel kinging. Gli sguardi che si ricevono spostano, urtano, riorientano come afferma Laura Scarmoncin (testo p. 111) e a volte disorientano (Ahmed 2006). Essere guardati in modo differente o avere il privilegio di non essere guardati affatto, o meglio, di non ricevere sguardi predatori e sessualmente aggressivi, sono esperienze inedite, come scrive Leandr* Monachino aka Gustavo Lagnokka aka IlludShone (testo p. 71).

La scoperta del privilegio di non essere sottoposti a scrutinio nello spazio pubblico o nell’interazione, è presente in molti dei testi che rendono conto dell’esperienza del passing. Tale privilegio è in genere riservato alla maschilità bianca (Puwar 2004; Ahmed 2007), performata in modo più o meno intenzionale dalla maggior parte dei king che abbiamo conosciuto. Corrispondere a quella che Nirmal Puwar ha definito la “norma somatica […] non dichiarata” (2004: 8), vale a dire la maschilità bianca, dà accesso a una dimensione privilegiata all’interno dello spazio pubblico. Sullo sfondo di tale spazio,innominate e trasparenti, la bianchezza e la maschilità orientano “i corpi in specifiche direzioni, influenzando il modo in cui essi ‘occupano lo spazio’ e quello che ‘possono fare’” (Ahmed 2007: 149). Nei racconti dei king lo spazio riveste spesso una dimensione centrale che parte spesso dal proprio posizionamento rispetto alla categoria di assegnazione “donna”. “Da ‘donna’ occupo meno spazio”, “il mio corpo si mantiene dentro confini più angusti”, sono frasi ricorrenti con le quali molte delle persone coinvolte nell’esperienza king riassumono la propria esperienza spaziale. Performare la maschilità permette al corpo, almeno potenzialmente, di espandersi, di prendersi più spazio, di “non chiedere il permesso”, di attraversare spavaldamente e liberamente lo spazio pubblico (Alessandra Di Pietro, testo p. 64 e Leandr* Monachino, aka Gustavo Lagnokka aka IlludShone, testo p. 71). Non è casuale che molte delle “tecniche” insegnate nei workshop drag king abbiano a che fare con l’appropriazione dello spazio, con la possibilità di occuparne di più, con l’affermazione di sé nell’interazione con gli altri attraverso attitudini corporee “minimali” quali il modo di stare seduti, usare la voce, guardare, relazionarsi all’interlocutore (Torr e Bottoms 2010), ovvero con l’esercizio dei privilegi della maschilità dominante. Se, come scrive Bobby Noble (2002: 254), i drag king “mettono in scena quello che la maschilità e la bianchezza non vogliono sapere di se stesse”, essi ne scoprono e ne svelano, in primis, i privilegi.

Ma il kinging, praticato nello spazio pubblico “non protetto” (come qualcun* lo definisce) consente anche di esperire altre forme di privilegio. Uscire “in drag”, affrontare lo spazio pubblico eteronormato (Borghi 2012) può essere un momento di vertiginosa presa di coscienza del privilegio cisgenere per chi ne gode abitualmente. La paura di un routinario controllo dei documenti, ad esempio da parte della polizia, evocata da Gina Joy aka Pedro (testo p. 61), è pane quotidiano nella vita di tant* trans*, come lo è più in generale la paura di vedersi rivolta quell’accusa di “falsità” (Butler 2006) che può arrivare a costare molto cara.

Tuttavia le maschilità performate dai drag king che hanno preso parte a questo progetto non sono sempre dominanti, “vincenti”, eterosessuali, di classe media, giovani, yuppie (bianchi). Per questa ragione, più che della maschilità king, dovremmo parlare delle maschilità king: una pluralità di maschilità spesso minoritarie, proletarie, frocie, queer, ursine, italoamericane o tutto questo insieme. Maschilità “latine” stereotipate, talvolta “etnicizzate” nel discorso pubblico, quella del “maschio meridionale” o dell’”emigrato italoamericano”, che stanno alla maschilità bianca dominante (più posata, misurata, vincente, meno “chiassosa”) come versioni “abnormi”, esagerate, in un certo senso abiette, sono performate con ironia, ma anche affettuosamente omaggiate (Halberstam 1999: 143). Lungi dall’”approfittare” delle facili possibilità di teatralizzazione offerte da maschilità su cui sono proiettate versioni “sconvenienti”, esagerate appunto, delle caratteristiche della maschilità vincente, alcuni king rendono divertiti omaggi a uomini della propria vita. Se prendiamo ora in considerazione le performance king su scena, notiamo che lo stesso spazio scenico produce un contesto nel quale spesso le maschilità ‘dominanti’ vengono non solo parodiate, ma anche deragliate: imprenditori affaristi che finiscono a suonare dildo (Valentino, testo p. 59), uomini in divisa che si trovano a fare trenini sulle note di George Michael (foto p. 70), cowboy che diventano ippopotami (Antonella D’Annibale aka Walter Ego, testo p. 67). In questo modo, le strategie di frocizzazione della maschilità dominante servono a svelare il desiderio omoerotico latente nella Männerbund, nella socialità maschile, destrutturando il dispositivo dell’omofobia che tiene questo desiderio rigorosamente a bada (Kosofsky Sedgwick 2011). In conclusione, la parodia king:

costringe i silenzi delle maschilità a parlare, esponendo le contraddizioni che devono rimanere nascoste perché la maschilità possa compiere il suo lavoro culturale. […] Quando le identità bianche eteronormative vengono sottoposte a parodia quello che ne viene rivelato è che non sempre le loro differenti parti lavorano insieme (Noble 2002, p. 254).

Bibliografia

Ahmed, Sara, 2006, Queer Phenomenology: Orientations, Objects, Others, Duke University Press, Durham.

Ahmed, Sara, 2007, “Phenomenology of Whiteness”, in Feminist theory 8, 2: 149-168.

Borghi, Rachele, 2012, “Spazio. Corpi fuori luogo e fuori norma”, in Femministe a parole. Grovigli da districare, a cura di Sabrina Marchetti, Jamila Mascat, Vincenza Perilli, Ediesse, Roma.

Bradford, K., 2002, “Grease Cowboy Fever, or the making of Johnny T.”, in Journal of Homosexuality, 43, 3-4: 15-30.

Butler, Judith 2006, La disfatta del genere, a cura di Olivia Guaraldo, Meltemi, Roma.

Je Hye, Kim, 2007, Performing Female Masculinities at the Intersections of Gender, Class, Race, Ethnicity, and Sexuality, tesi di dottorato, ProQuest, Minnesota.

Lefebvre, Henri, 1976, La produzione dello spazio, Moizzi, Milano.

Noble, Bobby, 2002, “Seeing Double, Thinking Twice: The Toronto Drag Kings and (Re-) Articulations of Masculinity”, in Journal of Homosexuality, 43, 3-4: 251-261.

Puwar, Nirmal, 2004, Space Invaders: Race, Gender and Bodies Out of Place, Berg, Oxford – New York.

Sedgwick, Eve Kosofsky, 2011, Stanze private. Epistemologia e politica della sessualità, a cura di Federico Zappino, Carocci, Roma.

Serano, Julia 2010, “Performance Piece”, in Gender Outlaws The Next Generation, a cura di Kate Bornstein e S. Bear Bergman, Seal Press, Berkeley, CA.

Torr, Diane, Stephen Bottoms, 2010, Sex, Drag and Male Roles. Investigating Gender as Performance, The University of Michigan Press, Ann Arbor.

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