Su una recente querelle artistico-istituzionale.
E se la cura delle cose richiedesse la scomparsa dei curatori?
I fatti
Cittàlimbo Archives è un’installazione-archivio creata da Brigataes – che è la sigla di sperimentazione estetica individual-collettiva promossa da Aldo Elefante – che, dal 2016 al luglio di quest’anno (2021), ha fatto parte della collezione permanente del museo MADRE di Napoli.
Composta da 131 file di filmati video, l’archivio documenta trent’anni dell’attività artistica e critica a Napoli e in Campania, a partire dalla fondazione del Gruppo Napoletano Arte Concreta nel 1950 fino all’incontro tra Joseph Beuys e Andy Warhol, avvenuto a Napoli nel 1980. Cittàlimbo Archives è quindi il risultato di un lungo lavoro di ricerca per la realizzazione di video-interviste a 83 artisti (da Vito Acconci a Mimmo Iodice, Stelio Maria Martini, Herman Nitsch, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Ernesto Tatafiore… e moltissimi altri) e a 58 tra critici e storici dell’arte (tra cui Ferdinando Bologna, Renato Fusco, Achille Bonito Oliva, Mario Costa, Angelo Trimarco…), galleristi (ad esempio Lia Rumma, Lucia Trisorio, Peppe Morra…), collezionisti e altri testimoni della vita culturale napoletana e campana di quegli anni (uno per tutti Aldo Masullo).
Cos’è accaduto?
È successo che la nuova direttrice del MADRE, Kathryn Weir, ha deciso di escludere l’installazione dalla collezione permanente del museo, senza dare alcuna plausibile giustificazione. Perché? Forse ha ritenuto di dover dare una nuova impostazione curatoriale anche alle collezioni permanenti del MADRE? Eppure un museo non è una galleria d’arte, in particolare perché ha un suo archivio, anzi è innanzitutto il suo archivio storico.
L’incomprensibile
C’è qualcosa di letteralmente incomprensibile in questa decisione di esclusione che sa troppo di “censura” 1.
È possibile fare due opposte ipotesi che avrebbero “giustificato” una simile esclusione: la prima è che la nuova direzione di Weir abbia valutato Cittàlimbo Archives un’operazione artistica troppo distante dall’idea curatoriale di museo che intende realizzare a Napoli; la seconda ipotesi è che, al contrario, abbia giudicato l’installazione di Brigataes troppo “vicina” a quell’idea.
In effetti, chi abbia visitato la recente mostra Utopia Distopia. Il mito del progresso partendo dal Sud, curata dalla stessa Weir (luglio-novembre 2021), e abbia ascoltato o letto le dichiarazioni di politica culturale della curatrice, potrebbe pensare che si sia trattato di una esclusione per eccessiva vicinanza. L’idea che un museo di arte contemporanea debba essere necessariamente aperto, se non proprio radicato, nel contesto geografico; la tesi secondo cui un tale museo debba avere un ruolo civico e debba anche fare una scelta di “sostenibilità” ecologica riducendo i costi degli spostamenti intercontinentali delle opere e delle installazioni; l’idea che il museo debba essere un luogo di dialogo e di formazione, tutto sembrerebbe portare a una naturale convergenza tra questi intenti e i risultati dell’attività di ricerca di Brigataes, che, quindi, avrebbe dovuto ricevere un’attenzione “curatoriale” di rilievo nel “nuovo corso” impresso dalla neo-direttrice. Tra l’altro anche alcuni artisti video-intervistati in Cittàlimbo compaiono nella mostra utopico-distopica dedicata al Sud Italia, e in particolare all’area napoletana. Quindi, si sarebbe trattato, secondo questa ipotesi, di un’esclusione (invidiosa, “umana, troppo umana”) per eccessiva vicinanza culturale e di visione artistica? Cittàlimbo sarebbe stata recepita come una sorta di dono fatto troppo in anticipo nei confronti del nuovo corso; un dono insidioso, percepito come un debito da cui sarebbe stato impossibile affrancarsi?
Ma un museo non è il luogo del debito infinito?
Tuttavia, c’è ancora l’altra ipotesi da vagliare: l’esclusione dell’installazione potrebbe essere stata dettata da un’eccessiva distanza ed eterogeneità di vedute e di approccio alla sperimentazione artistica contemporanea.
Anche questa ipotesi sembrerebbe plausibile, perché in effetti l’operazione realizzata da Brigataes sembrerebbe stridere, se si va oltre le somiglianze di superficie, con le idee curatoriali di Kathryn Weir. Infatti, l’idea che del Sud (del mondo e dell’Italia) quest’ultima coltiva – rimando ancora una volta alla mostra Utopia distopia – sembra tesa a dissolvere gli inciampi, le contraddizioni, gli iati, gli scarti e le difformità delle operazioni artistiche attraverso la loro valorizzazione patinata e “pulita” (in tutti i sensi), che rischia anche di riproporre la solita narrazione su Napoli, che un dichiarato oppositore del cliché della “bella contraddizione napoletana” come Aldo Elefante cerca di distruggere da anni. Cittàlimbo, invece di esaltare la “bella contraddizione” che il merchandising culturale identifica da troppi anni con Napoli, ne rileva cartograficamente le eterogeneità progettuali, le incompatibilità, i dissidi incolmabili, i transiti internazionali, ma anche le pieghe e le derive che non portano da nessuna parte.
Soppesando le due ipotesi, ritengo che quest’ultima sia quella più adeguata a comprendere quello che è successo.
È per tali ragioni che l’esclusione di Cittàlimbo dalla collezione permanente del MADRE deve far riflettere e deve far prendere posizione. Non solo a favore di Brigataes, ma innanzitutto a favore del ruolo che un museo di arte contemporanea dovrebbe avere: un archivio che sia pungolo della memoria, quindi alla sperimentazione.
A tal proposito, in conclusione di una bella e intrigante intervista sugli archivi, nel 2011 Jean-Luc Nancy scriveva:
di fatto vi è un conflitto fra la memoria e l’archivio. Un conflitto interessante: l’archivio ricorda alla memoria ciò che essa trascura o evita, la memoria ricorda all’archivio che occorre l’oblio per fare una vera memoria… (J.-L. Nancy, Dov’è successo?, traduzione italiana a cura di Igor Pelgreffi, Kainos Edizioni, Pompei 2014, p. 28).
Note
- Per un ulteriore approfondimento sulla querelle delll’esclusione del Cittàlimbo Archives dal MADRE si veda la lettera aperta di Ernesto Jannini e la risposta del MADRE pubblicate su Exibart. In fondo alla pagina, si possono leggere anche i commenti di Brigataes che sono seguiti.