L’Osservatorio degli editori indipendenti e la tutela dell’editoria

Comincia oggi la collaborazione tra il lavoro culturale e BOOK PRIDE: la fiera nazionale dell’editoria indipendente che si terrà a Milano dal 27 al 29 marzo.

La fiera è promossa dall’Osservatorio degli editori indipendenti (ODEI) con il supporto organizzativo della cooperativa Doc(k)s_strategie di indipendenza culturale.

Perché un gruppo di case editrici indipendenti sul finire del 2013 ha dato vita a un osservatorio sull’ecosistema del libro chiamato Odei? Anzitutto per dire questo: che il libro è un mondo in evoluzione, con tanti abitanti ed equilibri complessi: lettori, autori, correttori, librai, editori… Un vero e proprio ecosistema dunque, non solo una filiera commerciale, un mercato con dei prodotti, dei prezzi fissi o variabili, ma un mondo intero il cui valore è ben superiore a quello del suo fatturato (comunque da anni nel suo complesso in calo). Assieme a tutto questo Odei, per analizzare i fattori di rischio che stanno infestando il mondo dell’editoria e che lo stanno portando al collasso, ha dato vita a uno spazio di confronto necessario all’interno del quale mettere in evidenza e analizzare lo squilibrio che c’è tra chi produce i libri e chi li rivende, tra un rivenditore e l’altro, tra il piccolo e il grande produttore.

Un passo importante è consistito nella stesura del Manifesto per l’editoria indipendente che analizzava le condizioni della filiera: fatta di concentrazione delle librerie di catena, di moria delle librerie indipendenti e di territorio; segnata dall’assenza delle istituzioni, vessata dai tagli alle biblioteche, privata di una legge sul libro. Una filiera provata da condizioni di lavoro sempre e rigorosamente spinte al ribasso per chiunque vi sia impiegato.

Attraverso il  Manifesto si denunciava una concentrazione verticale di grandi gruppi editoriali, proprietari delle maglie della distribuzione e articolati in librerie di catena. Fattori questi che, giorno dopo giorno,  hanno portato all’erosione della bibliodiversità, al venir meno di pluralismo, varietà culturale e linguistica, privando così il panorama editoriale della propria ricchezza. Questa condizione ha trasformato le piccole librerie in presidi affaticati, spesso costretti a chiudere perché sfiancati da una concorrenza feroce, e ha portato, inoltre, molti piccoli e preziosi marchi editoriali a scomparire favorendo la sfrontatezza dei colossi stranieri con sede fiscale a rue Plaetis in Lussemburgo.

L’Osservatorio degli editori indipendenti è nato per dire che, per guardare al libro e al suo destino a oltre mezzo millennio da Gutenberg, serve uno sguardo globale che abbracci le istituzioni, che valorizzi la funzione civile e sociale di chi i libri li vende, che metta in parità chi i libri li produce. È probabilmente il caso di ripeterlo visto ciò che proprio in questi giorni verrà discusso un ddl sulla concorrenza, il 20 febbraio, che torna a proporre le stesse ricette liberali che hanno già messo in ginocchio il mondo dell’editoria. Sulla base del solito ritornello “con la concorrenza, con le liberalizzazioni si guadagnano gli utenti, si avvantaggiano i consumatori: tutto costerà meno” la vita dei libri e del loro mondo – che in fondo è il mondo di ognuno di noi – subisce l’ennesimo colpo.

Secondo il ddl in questione quindi, per risollevare la parabola della fuga dalla lettura basta tagliare il prezzo, senza preoccuparsi degli effetti che ciò avrà su cosa si legge. In questo scenario i libri costeranno meno, ce ne saranno anche un po’ meno e il lettore avrà ancor meno imbarazzo, non dovrà più scegliere tra così tante copertine. Così come per i farmaci, per i taxi, per i trasporti pubblici, per le assicurazioni e per i privati in campo sanitario, accadrà per il prezzo dei libri.

Che gli effetti delle liberalizzazioni non siano sempre così liberali è dubbio che non sembra sfiorare la discussione del primo ministro Matteo Renzi. Nemmeno dopo che l’ultimo premio Nobel per l’economia 2014 è stato attributo a un signore francese poco noto ai più, di nome Jean Tirole, che si è occupato anche di regolazione delle concentrazioni verticali e di monopolio nei regimi di libera concorrenza. Problema vecchio quanto i fisiocratici quello del rapporto tra libertà del mercato e necessità di una regolazione, perché un conto è dare a tutti la possibilità di arricchirsi un altro è vagliarne gli effetti sulla società degli uomini. Insomma: quali saranno i liberali effetti della concorrenza sul prezzo dei libri?

Oggi siamo costretti a dover fare i conti con uno scenario di monopolio distributivo: tra qualche mese per recapitare libri in libreria si dovrà passare per un solo distributore. Alle sue condizioni. Viva la concorrenza sì, ma non preoccupiamoci se essa ogni tanto scompare. Sempre Jean Tirole lo aveva previsto: controllare un punto della catena offre la possibilità a chi ha un monopolio di fare profitti sul punto della catena successiva. Sei un editore? Basta comprarsi una distribuzione, così sei sicuro di fare profitti con le librerie.

Ed ecco che, con il ddl sulla concorrenza, editori e librai indipendenti che quotidianamente lottano, gli uni per accedere agli scaffali con la loro proposta culturale, gli altri per darsi una missione commerciale diversa dal supermercato, si trovano equiparati a una casta di privilegiati difensori dei loro interessi particolari. Quali? Preservare un ecosistema vivibile nel quale la proposta culturale sia la più ricca possibile. Renderlo economicamente sostenibile per chi vi lavora in ogni punto della catena. Valorizzare le nicchie della diversità editoriale. E cercare di evitare che dietro lo spauracchio della libera concorrenza si formino in realtà dei monopoli che rendono impossibile a chiunque proprio di concorrere. E di vivere.

Bisogna essere ciechi per non vedere che la scarsa salute dell’ecosistema editoriale non dipende dallo sconto applicabile in libreria. Semmai dalla scuola, dall’università e dalle biblioteche. Semmai dai librai e dagli editori. Dalle riviste culturali e dal ruolo dell’informazione. Da una visione d’insieme che dia forma a una legge sul libro. Tutto il resto sono solo bagatelle per un massacro, annunciato.

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