Atlas of Belt&Road #1

Le foto di Sandro Montefusco lungo la nuova Via della Seta.

L’antica Via della Seta fu l’incontro di mondi che mescolarono merci a etnie e filosofie preziose, lunghe stagioni di pace a guerre sanguinose, mercanti a santi e mercenari. Oggi queste rotte sono ritornate protagoniste con i faraonici investimenti della Repubblica Popolare Cinese nella One Belt, One Road, la nuova Via della Seta. Infrastrutture, reti ferroviarie e portuali, nuove tecnologie, relazioni internazionali e sviluppo militare: tutto messo in campo, senza precedenti, per connettere merci e persone.

Atlas of Belt&Road è un personale racconto fotografico sulla Via della Seta, l’antico viaggio di mercanti e viaggiatori reso epico da Il Milione. Sei tappe da Venezia e Pechino, tra villaggi remoti e catene montuose, tra gli spazi sconfinati e le luci delle metropoli. Tutto ciò al giro di boa della One Belt, One Road, che potrebbe cambiare per sempre i connotati di intere regioni.

Dal Ghetto Ebraico di Venezia a Istanbul: la strada per l’oriente

Si parla spesso della crisi di identità delle nostre città più importanti. Svuotate della capacità di scrivere ancora la Storia, diventano enormi botteghe per turisti. Venezia ne è l’emblema. Con il centro in mano agli affittacamere e le grandi navi da crociera a deturpare i canali, è difficile trovare luoghi che possano rappresentare ancora qualcosa di autentico. Campo di Ghetto Nuovo, nel quartiere ebraico, è un luogo protetto dal tempo. Nel silenzio racconta con discrezione la sua storia di sopravvivenza. La quiete del ghetto, le botteghe di artigiani e artisti, i ristoranti kosher, le sinagoghe, i ritmi delle preghiere, il passeggio di kippah e borsalini appaiono atti rivoluzionari di resistenza, in una città che rischia ogni giorno di essere l’ombra di ciò che fu.

Venezia, Campo di Ghetto Nuovo. Ebrei della comunità Chabad a passeggio/1. Marzo 2019.

Venezia, Campo di Ghetto Nuovo. Ebrei della comunità Chabad a passeggio/2. Marzo 2019.
Venezia. Ponte di Ghetto Nuovo su Rio del Ghetto, Sestiere Cannaregio. Marzo 2019.

Chiunque si fosse spinto a oriente attraversando la via balcanica o navigando nel Mediterraneo, avrebbe certamente incontrato l’antica Costantinopoli per poi procedere verso l’Anatolia. Istanbul a cavallo di due continenti è incrocio di mondi distanti, caleidoscopio di divisioni e identità, specchio di anime diverse: laica e integralista, europea e asiatica, progressista e conservatrice. La visito nei primi giorni di maggio del 2019, mentre il governo reprime le forme di dissenso del primo maggio e le comunità religiose si preparano al Ramadan. Superata Istanbul, proseguo verso oriente fino alla Cappadocia. Qui un turismo aggressivo sta cambiando i connotati di una regione di immensa importanza storica e ambientale. Da un lato migliorano le infrastrutture, dall’altro gli abitanti abbandonano i villaggi, ridotti a mete turistiche senza identità.

Istanbul. Giovanissimo studente nella scuola coranica. Moschea Sokollu Mehmet Pasha. Maggio 2019.
Istanbul. Uomini in attesa dell’ora della preghiera, Moschea di Nuruosmaniye. Maggio 2019
Istanbul. Cortile riservato alle donne. Moschea di Nuruosmaniye. Maggio 2019.
Istanbul. Abluzioni all’ingresso della moschea di Solimano. Maggio 2019.
Abitante di Göreme, Nevşehir. Cappadocia. Maggio 2019.
Alba tra le mongolfiere a Göreme, Nevşehir, Cappadocia. Maggio 2019.
Giovane donna in una bottega di Uçhisar, Nevşehir, Cappadocia. Maggio 2019.

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