Con la riflessione di Roberto Ciccarelli si conclude oggi il nostro approfondimento dedicato al referendum greco. Gli altri due contributi sono di Etienne Balibar e Antonio Montefusco.
Il colpo di stato europeo della Troika contro il governo di Tsipras democraticamente eletto in Grecia è stato sconfitto. Il referendum contro l’austerità (61% a 39%) ha segnato tuttavia la vittoria di una battaglia – la seconda, dopo quella delle elezioni greche del 25 gennaio 2015 – in una guerra molto più lunga.
La guerra è quella dell’austerità contro i popoli europei, ed è condotta dai democristiani e dai socialdemocratici contro l’europeismo politico della nuova sinistra di Syriza e di Podemos in Spagna. In queste ore in cui l’Europa ha scoperto veramente la potenza del demos a livello continentale, non bisogna dimenticare né sottovalutare i suoi nemici. La “larga intesa” – tedesca – guidata da Merkel e dalla Spd di Sigmar Gabriel non ha temuto di usare strumenti terroristici contro un piccolo paese insorgente nel Mediterraneo. Continuerà a farlo. E domani toccherà alla Spagna e a chiunque oserà mettere in discussione questa Europa.
Il concetto di “terrorismo” è stato usato sabato scorso dal ministro greco delle Finanze, l’economista Yanis Varoufakis (dimessosi oggi, per facilitare le trattative e un compromesso). È un’espressione dura, inquietante, che tuttavia aiuta a comprendere la violenza usata dalle oligarchie contro l’“anomalia” anti-sistema e anti-liberista rappresentata da Syriza e, più in generale, oggi, dalla maggioranza schiacciante del popolo greco.
È terrorismo avere bloccato la liquidità di emergenza che ha imposto la chiusura delle banche e ha terrorizzato pensionati, commercianti, imprese, disoccupati e precari che da una settimana possono ritirare dai bancomat solo 60 euro al giorno. È terrorismo avere sistematicamente distorto l’informazione, falsificato l’origine della seconda crisi greca: non quella creata dalle classi dirigenti criminali greche che hanno truccato i conti del paese, ma quella creata dalla Troika (Bce-Fmi e commissione Europea) che ha usato gli oltre 200 miliardi di euro di finanziamenti per pagare le banche tedesche, francesi e italiane, non per finanziarie il popolo. È terrorista invocare un colpo di stato (un “regime change”, un cambio di governo o di maggioranza) come ha fatto Schultz e i suoi complici socialdemocratici tedeschi che governano insieme alla Cancelliera Merkel l’Europa come la provincia dell’impero tedesco.
Se, dunque, le parole devono essere pesate – e Varoufakis lo ha fatto – in questa Europa i terroristi sono la Commissione Europea, la Bce di Draghi e l’Eurogruppo, i loro complici capitalisti greci che possiedono le Tv private, quelli che hanno cercato in ogni modo – senza riuscirci, ad oggi – di condizionare il voto democratico di una nazione contro le distruttive politiche dell’austerità degli ultimi cinque anni.
Il terrorismo mediatico, monetario, politico è stato l’arma del colpo stato che è fallito ieri in Grecia. Contro di esso il referendum ha permesso di riscoprire anche il significato di “rivolta”. Domenica 5 luglio 2015 l’Europa ha riconosciuto il verosimile significato di una rivolta che, oggi, non può essere più limitato a quello del riot o dello scontro violento con la polizia in una manifestazione. Il senso della rivolta è politico ed esistenziale.
Politico perché, come disse Tsipras in un celebre discorso tenuto a Roma al teatro Valle occupato il 2 febbraio 2014,
con la crisi l’Europa è diventata lo spazio della lotta di classe, sociale ed economica, il campo privilegiato per cambiare gli equilibri a favore di chi lavora, di chi è precario o disoccupato. La guerra che combattiamo non è tra gli Stati o tra i popoli, tornando alla svalutazione competitiva delle monete nazionali. È contro i banchieri e il capitale finanziario. Per questo dobbiamo cambiare la costituzione politica e materiale dell’Europa.
Esistenziale perché il “No” di Atene (“OXI”) è il primo atto pubblico, corale, costituente del rifiuto contro il comando neoliberista, ai suoi ricatti, alla sua violenza terrorista. Il “NO”, come ha scritto Albert Camus, mette una frontiera tra sé e la violenza del potere. Questa frontiera protegge ciò di cui bisogna prendersi cura: il demos, la sua capacità di esprimersi democraticamente in nome di un’Europa politica, e in particolare di una repubblica europea.
Su questo duplice asse, politico ed esistenziale, il voto greco ha rovesciato la guerra dell’austerità – che è poi la lotta di classe dei ricchi contro i poveri, della finanza contro la vita – in una contro-insurrezione democratica. Questo è il momento più importante dell’Europa dal Secondo Dopoguerra: per la prima volta il neoliberismo della costruzione europeo è stato rovesciato ed è emerso un nuovo spazio politico irriducibile e alternativo alla divisione bipartita tra democristiani e socialdemocratici.
Ora si entra nella “terra incognita”. Questa espressione, usata da Mario Draghi, dev’essere usata nel suo senso più positivo: la terra è incognita solo per coloro che hanno coltivato e, dopo l’esplosione della crisi, fatto pagare ai popoli europei i costi che avrebbero dovuto pagare le banche e le oligarchie del continente. La terra è incognita anche per i populismi alla Grillo o per il fascio-leghismo in Italia. È saltata la narrazione tossica, così popolare anche nel nostro paese, che identifica l’opposizione all’austerità e al neoliberismo agli “anti-euristi” e ai xenofobi fascisti. Syriza e Podemos sono l’unica alternativa possibile nel Mediterraneo, e in Europa. Se l’Europa non cambia, ed è difficile che cambi, crollerà sotto la spinta di un’inedita opzione democratica continentale. Non crollerà per la spinta neo-fascista o populista. Questa è la verità che non ascolterete mai in Tv.
Le prossime ore saranno drammatiche, nuove minacce terroriste verranno lanciate con la consueta arroganza e mediocrità come purtroppo abbiamo letto sui giornali – specialmente quelli italiani – negli ultimi giorni. La guerra contro Tsipras proverà nuove mosse. L’obiettivo è soffocare attraverso il water-boarding fiscale e monetario una politica che non si colloca nello schema compatibilista e autoritario delle élite conservatrici.
Ad Atene c’è qualcuno capace di straordinarie mosse politiche, come quella del referendum contro l’austerità. Mosse disperate, ma la rivolta avviene solo in queste situazioni. Forse questa è stata l’ultima mossa. Forse se ne attendono altre. Quello che è certo è che un piccolo popolo, fiero e coraggioso, come quello greco non intende lasciare soli i popoli europei ripiegati nella tragedia che li aspetta nel prossimo quinquennio.