Come Bruxelles reprime gli stessi ‘valori fondamentali’ di cui si vuole portatrice.
Il 3 novembre, 13 diplomatici occidentali inclusi 9 ambasciatori sono andati nella sede della EIPR, l’Iniziativa Egiziana per i Diritti della Persona, per essere aggiornati sulla situazione dei diritti umani e della società civile che li difende in Egitto.
Due settimane dopo, la leadership dell’EIPR viene arrestata con accuse palesemente vessatorie quali ‘far parte di organizzazioni terroristiche’ e ‘diffondere notizie false’. Muhammad Bashir, direttore amministrativo, viene arrestato il 15 novembre. Karim Ennarah, Direttore del gruppo di lavoro sulla giustizia, viene arrestato il 18 novembre, ed il Direttore Esecutivo Ghasser Abdel Razek viene fermano il giorno seguente.
Come Patrick Zaky, che dal febbraio 2020 è in custodia ‘cautelare’, i suoi colleghi dell’EIPR vengono tenuti in condizioni degradanti e pericolose che equivalgono alla tortura. Ghasser Abdel Razek è arrivato alla prima udienza di custodia cautelare il 23 novembre con il capo rasato, essendo stato tenuto in isolamento 23 ore al giorno dal suo arrivo, al freddo, senza vestiti invernali, senza un materasso, costretto a dormire direttamente su una superficie metallica, e privato di tutti i suoi averi.
Non possono sfuggire all’attenzione due cose.
Primo, che questa retata coincide con la pubblicazione il 18 e 19 novembre del nuovo Piano d’Azione per la Democrazia e per i Diritti Umani 2020-24 dell’Unione Europea – esattamente i giorni in cui vengono arrestati Karim Ennarah e Ghasser Abdel Razek.
Anche se si trattasse di una coincidenza, resta un clamoroso smacco per l’Unione Europea e per la sua retorica sui diritti umani. Dimostra in maniera lampante l’estrema debolezza dell’Ue in pratica – oltre la retorica – nel suo supporto per i diritti umani. Dà anche una spaventosa misura di quanto si senta libero il regime egiziano di ignorare pubblicamente l’Europa.
Secondo, mentre i difensori dei diritti umani in Egitto vengono trattati come criminali ed i loro diritti vengono violati proprio perché quei diritti li difendono per gli altri, un regime brutale e senza scrupoli terrorizza qualunque voce dissenziente mentre di terrorismo accusa assurdamente i difensori dei diritti umani.
L’ipocrisia del regime non potrebbe essere più lampante. Né si tratta di una coincidenza. Anzi, la retorica xenofobica ultranazionalista con la quale il regime condanna sia gli attivisti che i governi ‘amici’ sono fondamentali alla sua sopravvivenza. Le sue politiche economiche arricchiscono le élites ma impoveriscono la gente, mentre il sistema politico che serve a presentare una facciata democratica non può essere realmente ‘aperto’ sennò tradirebbe proprio la mancanza di democrazia, di giustizia sociale e di dignità umana che chiede la popolazione. L’unico modo di racimolare un po’ di consenso fra la popolazione è la caccia alle streghe.
Come siamo finite in questo vicolo cieco?
Dopo le rivoluzioni arabe del 2010-11, l’Ue ha avuto l’opportunità di rivalutare il suo supporto con i dittatori del Medio Oriente. Anzi, riconobbe pubblicamente che collaborare con le dittature non faceva altro che minare la possibilità di raggiungere gli obiettivi di pace, prosperità e democrazia sia per i popoli del ‘Vicinato Sud’ che per l’Europa stessa.

Poi, approfittando delle ‘crisi’ europee in materia di rifugiati e degli attacchi terroristici sul suolo europeo, il regime egiziano – come tanti altri – ha convinto Bruxelles, ma soprattutto Germania, Francia ed Italia, che i ‘vecchi tempi’ non erano poi così male, e che anzi erano necessari per quanto potessero essere eticamente indigesti.
L’Egitto convinse i leader europei che il suo regime rappresentava l’ultimo bastione contro il ‘terrorismo islamico’ e contro un’ ‘ondata’ di rifugiati e di migranti verso l’Europa.
Né l’una né l’altra cosa, però, sono vere. C’è pochissima radicalizzazione in Egitto, e l’Egitto non è certo una delle principali ‘rotte’ per la migrazione verso il ‘vecchio continente’. In realtà, sono proprio politiche le stesse del governo egiziano ad aumentare il rischio di radicalizzazione nonché il desiderio di tanti egiziani di emigrare. Le scelte economiche del Cairo non hanno fatto che aumentare la proporzione del Paese che vive in povertà, e la brutale repressione di regime si abbatte su anche minime manifestazioni di dissenso o di semplice disagio fra la popolazione.
In Egitto, in sostanza, appena sotto una superficie di apparentemente stabile di inattaccabile brutalità repressiva, la povertà e la repressione stanno scavando una voragine sempre più ampia. Lungi dall’estere bastione di sicurezza e stabilità, quindi, l’Egitto di Sisi è epitomo di quella insicurezza ed instabilità che sono il risultato delle attuali politiche sia interne egiziane che estere dei suoi alleati.
L’Unione Europea ha finito per dare manforte alla repressione in nome della ‘stabilità’, ed ora si trova a spalleggiare regime come quello egiziano le cui azioni non solo minano gli obiettivi della politica estera europea, ma destabilizzano anche quegli stati stessi. Aggiungendo al danno la beffa, per il regime egiziano l’unica speranza di trovar un po’ di consenso fra la popolazione è di lanciarsi in accuse assurde quanto farsesche contro sia i difensori dei diritti umani che contro i suoi stessi ‘alleati’ europei accusandoli di voler destabilizzare l’Egitto e che difendere i diritti umani e la democrazia così cari all’Ue è una forma di terrorismo.
Ecco perché gli arresti del personale EIPR sono epitomo del vicolo cieco nel quale si ritrova l’Europa: da un lato proclama l’importanza dei suoi ‘valori fondamentali’, ma dall’altro ha finito per sostenere la repressione proprio di quei valori. E nella ricerca della stabilità, della sicurezza, dello sviluppo e della democrazia, ha finito per produrre insicurezza, instabilità, impoverimento, e repressione.
Paradossalmente, proprio per questo, in tutta la loro brutalità, le azioni del regime egiziano sono buone maestre per chiunque intenda impararne la lezione: l’attuale strategia europea non funziona. Per dirla con l’allora Commissario alle Politiche di Vicinato Štefan Füle: “Questo è il momento di allineare i nostri interessi ed i nostri valori. I recenti sviluppi nel Sud [del Mediterraneo – le Rivolte Arabe, ndr] hanno dimostrato che non ci può essere vera stabilità senza vera democrazia”.
Non è troppo tardi per imparare la lezione.