Al banco dei testimoni. Crisi ambientali, disastri e giustizia sociale

In occasione del terzo Convegno Nazionale SIAA (Società Italiana di Antropologia Applicata), segnaliamo un’interessante call for papers che affronta intrecci inediti fra antropologia, diritto e “disastri”; al termine dell’articolo i riferimenti per partecipare al convegno.

Negli ultimi decenni le aule di tribunale sono diventate arene fondamentali per l’espressione di rivendicazioni legate all’incolumità fisica, alla salute pubblica e all’ambiente. Forme di attivismo giudiziario sono seguite ai più grandi disastri della storia contemporanea. Pensiamo all’incidente avvenuto nello stabilimento chimico di Bhopal in India nel 1984 o all’esplosione della centrale nucleare di Fukushima in Giappone nel 2011. Altrettanto contenzioso accompagna anche crisi ambientali dagli effetti meno visibili perché lente, protratte nel tempo, come in Sicilia per i danni alla salute prodotti dalle centrali petrolchimiche oppure a Taranto nel caso dello stabilimento siderurgico dell’Ilva. Manifestazioni di attivismo giudiziario si scatenano anche quando il disastro ha un’origine naturale, ma i suoi effetti o le cause scatenanti sono attribuibili, almeno in parte, all’imperizia dell’uomo. Un caso esemplare in Italia è la catastrofe occorsa nel 1963 alla diga del Vajont e più recentemente il processo contro la Commissione Grandi Rischi dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009. In tutti questi casi le famiglie delle “vittime” hanno chiesto un risarcimento a istituzioni, imprenditori, tecnici e perfino agli scienziati per i danni subiti nel corso della catastrofe.

Sebbene disastri di questo tipo abbiano stimolato l’interesse etnografico e più in generale delle scienze sociali, poca importanza è stata finora attribuita al rapporto specifico tra vittime del presunto danno ambientale/fisico/sanitario e diritto. Un rapporto particolarmente complesso, vuoi per l’incertezza dei nessi causali tra danno, cause effettive e status di vittima, vuoi per i molteplici livelli d’intermediazione che regolano l’attribuzione di questo status da parte della legge.

Il riconoscimento giuridico dell’identità di vittima, infatti, è il risultato di lotte politiche e giudiziarie in cui possono essere coinvolti avvocati, consulenti, esperti, gruppi di rappresentanza, movimenti civici, imprenditori, giornalisti. Queste figure, in modo diverso, contribuiscono alla costruzione sociale delle vittime e mediano i loro rapporti con la legge. Per dipanare la rete di relazioni appena descritta l’antropologia ha bisogno di ibridare i propri linguaggi con quelli di altre discipline, di acquisire una qualche competenza in settori tecnici come il diritto, la comunicazione del rischio, l’epidemiologia ufficiale e popolare, la medicina. Si tratta di un primo aspetto importante, che rende manifesta la natura multisettoriale dei saperi che bisogna mettere in campo per studiare questi fenomeni.

C’è però un altro fattore sul quale è fondamentale porre l’accento. In simili circostanze l’antropologo può ricoprire un duplice o triplice ruolo nel corso degli eventi. Può essere interpellato in prima persona da esperto o testimone nelle aule giudiziarie, com’è accaduto dopo il terremoto dell’Aquila ad Antonello Ciccozzi; oppure entrare in rapporto con la legge in quanto vittima di un disastro (una situazione più frequente di quanto si immagini); e ancora svolgere un ruolo di supporto politico per gruppi e collettivi che si rivolgono alla legge per avere giustizia, impegnandosi in un’azione di advocacy. In tali circostanze, l’antropologo non dovrà solo acquisire stili comunicativi, expertise e linguaggi utili a interagire con le figure con cui di volta in volta entra in relazione.

Dovrà anche riflettere criticamente sul taglio da dare ai propri saperi per renderli più efficaci e comprensibili per quanti a diverso titolo ne fanno uso. Inoltre, sarà spinto a interrogarsi sul senso profondo da attribuire al proprio coinvolgimento in aula giudiziaria e a valutare attentamente gli effetti che la sua presenza in tribunale potrebbe avere sulle vite degli altri. Infine, in situazioni in cui il rispetto della giustizia è compromesso, l’antropologo potrebbe trovarsi a sperimentare modi alternativi per denunciare e dare voce al disastro, dalla costituzione collaborativa di archivi digitali per raccogliere le memorie silentizzate delle vittime, alla co-produzione di filmati documentaristici, passando per manifestazioni artistico-performative, gruppi di attivismo studentesco e reportage fotografici rivolti al grande pubblico.

Questo panel si propone di gettare luce sulla relazione tra diritto e vittime di un disastro a partire da ricerche etnografiche che si occupino di battaglie politiche e giudiziarie simili a quelle finora descritte, anche nei casi in cui si è verificato un coinvolgimento attivo dell’antropologo in qualità di consulente esperto, vittima o sostenitore che accompagna il rapporto con la legge di quanti hanno subito un danno fisico, ambientale o sanitario nel corso di una catastrofe. Particolare attenzione sarà data alla commistione, competizione, conflitto tra saperi e tecnicalità esperte nei casi presi in esame, ai risvolti etico-applicativi di queste forme di attivismo o consulenza antropologica e al contributo più generale che le indagini presentate possono offrire all’avanzamento della ricerca antropologica sui disastri.

Il 3° Convegno Nazionale della SIAA sul tema Antropologia Applicata e approccio interdisciplinare si terrà presso il Polo Universitario Città di Prato (PIN, Piazza G. Ciardi, 25, Prato), distaccamento dell’Università degli Studi di Firenze, nei giorni del 17, 18 e 19 dicembre 2015.

Gli organizzatori e responsabili scientifici del Convegno sono Roberta Bonetti e Massimo Bressan. Per la sessione in oggetto, Al banco dei testimoni. Crisi ambientali, disastri e giustizia sociale, la coordinatrice è Mara Benadusi (Università degli Studi di Catania, mara.benadusi@unict.it), discussant sarà Antonello Ciccozzi (Università degli Studi dell’Aquila).

Le proposte (abstract di 500-600 parole), unitamente ad un breve curriculum vitae, dovranno essere inviate ai coordinatori della singola sessione alla quale si intende partecipare, congiuntamente all’indirizzo siantropologiapplicata@gmail.com, entro e non oltre il 15/07/2015 (conferma di accettazione entro il 15/9/2015). I contributi dovranno presentare una sintetica descrizione del contesto di ricerca e una chiara formulazione dell’argomentazione proposta.

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