400 ISO – India, la performance quotidiana del velo

Il velo. L’elemento più appariscente del sistema purdah, uno dei più discussi. Mi è capitato di sentire anche persone di indubbia cultura fare a una donna musulmana la più ottusa delle domande, seguita dalla più ottusa delle affermazioni: «Perché portate il velo? Dovete ribellarvi!»

C’è una persistente tendenza del senso comune a descrivere una astratta, assoluta staticità del velo. Una questione di libertà negata, di autorità maschile: una questione di genere; oppure, all’estremo opposto, una precisa scelta religiosa, una caratteristica identitaria da difendere. Uno sguardo astorico, congelato. Come se fosse una prerogativa dell’Islam. E come se non ci fosse una storia di diffusione del velo secondo un effetto trickle down, lo “sgocciolamento” dalle élite alle classi inferiori; come se questo non avesse una sua quotidiana, concreta “dinamica”, come se non vivesse di relazioni e gesti quotidiani. Di mani che scansano il sari per poter gettare oltre lo sguardo, che tirano la stoffa per utilizzarla come schermo contro il sole, che sistemano l’hijab scivolato troppo avanti, che annodano, che lisciano, che scelgono colori e modi vezzosi di portare una spilla. E come se in questi gesti non ci fosse un’intenzionalità e un fine comunicativo, una «presentazione del sé nella vita di tutti i giorni», per dirla con Erving Goffman. Come se questi non rappresentassero un costante definire e ridefinire i confini della libertà individuale.

Queste immagini vogliono mettere in luce la performance, la storia quotidiana del velo. Gli spazi grandi e piccoli che molte donne riescono a ricavarsi, entro i quali elementi patriarcali si ripetono mai uguali a se stessi, in balìa delle variazioni e delle interpretazioni legate al modo in cui il velo viene indossato, scostato, smosso con uno sbuffo, lavato, asciugato, gettato da parte quando viene tolto.

Le foto sono state scattate in Rajasthan a gennaio del 2014.

 

Print Friendly, PDF & Email
Close