Pubblichiamo un estratto dall’introduzione all’interessante “Una scuola di classe. Orientamento e disuguaglianza nelle transizioni scolastiche” del sociologo Marco Romito (Guerini e Associati, Milano 2016).
Il volume è il resoconto di una ricerca etnografica condotta in due scuole medie milanesi tra il 2011 e il 2013 sui meccanismi, presenti nelle modalità dell’orientamento scolastico nella transizione dal primo al secondo ciclo della scuola secondaria, che frenano la mobilità sociale.
Chiunque frequenti il mondo della scuola saprà certamente che il tema dell’orientamento ha assunto negli ultimi anni un peso enorme. È possibile scorgere dalla lettura dei documenti ministeriali, dei Piani dell’Offerta Formativa, dei programmi dei seminari e dei corsi di aggiornamento per insegnanti, la funzione cruciale che questa attività avrebbe il compito di svolgere. A seconda dei contesti in cui se ne parla e dell’uditorio a cui si rivolge, l’orientamento viene di volta in volta presentato come uno strumento chiave nella lotta contro la dispersione scolastica, come un metodo per migliorare la didattica, per ridurre la disaffezione degli studenti nei confronti dello studio, per migliorare la capacità di scelta e di autoanalisi degli individui, per ridurre l’attrito tra profili scolastici e profili richiesti dal mercato del lavoro.
Nel documento governativo La Buona Scuola (settembre 2014), che ha innescato un grande dibattito intorno alla necessità di una riforma della scuola pubblica in Italia e che ha preceduto l’emanazione della legge di riforma 107/2015, si riconosce che uno dei punti deboli principali del nostro sistema scolastico sono gli snodi di passaggio. In particolare si afferma che «in entrata nelle scuole superiori, dove si addensa gran parte della dispersione scolastica, i ragazzi scontano un incompleto orientamento».
[…]
Ma quando si parla di scelte, snodi, fasi di passaggio, transizioni, c’è un altro tema che il dibattito sull’orientamento scolastico sembra mettere in secondo piano: quello delle disuguaglianze. In Italia, dalla scelta della scuola superiore dipendono infatti il tipo e la qualità di esperienza formativa a cui si avrà accesso, le caratteristiche delle amicizie che sarà possibile stringere, la probabilità di conseguire un titolo di studio universitario e, come mostra la ricerca sociologica su questo tema, i destini lavorativi e sociali degli studenti. Quando si parla di orientamento scolastico nella transizione dalle scuole medie a quelle superiori, occorre pensare, dunque, anche agli orizzonti sociali e culturali che questa attività è in grado di aprire a ragazzi e ragazze che si trovano in una fase di cruciale costruzione della loro identità.
[…]
In Italia, i diversi percorsi che caratterizzano l’istruzione secondaria riflettono ancora oggi una preoccupante segregazione di censo, di classe, di origine nazionale. Chi proviene da famiglie poco istruite o immigrate tende a concentrarsi nell’istruzione tecnica e soprattutto professionale.
[…]
Un noto portale di informazione educativa ha recentemente pubblicato un dossier in cui, elaborando i dati forniti dal Miur, ha messo in luce come il tasso di coloro che abbandonano gli studi prima del conseguimento di un diploma è del 20% tra i liceali e oscilla attorno al 40% tra gli iscritti in un istituto professionale (Tuttoscuola 2014; cfr. anche Cavalli e Argentin, 2007).
[…]
In questo quadro, le scelte liceali dei ceti medi e alti sono facilmente comprensibili: anche in presenza di un basso rendimento scolastico, scommettere sui licei significa accompagnare, incoraggiare, spingere gli studenti verso il raggiungimento di un titolo di studio universitario. Quest’ultimo è del resto ancora oggi requisito necessario per avere accesso a posizioni lavorative mediamente più remunerate e per una maggiore protezione dal rischio di disoccupazione (Almalaurea 2014; Oecd 2014). Ma quali sono i motivi che spingono famiglie e studenti di ceto popolare o di orgine immigrata a intraprendere i percorsi formativi più dequalificati e meno capaci di garantire una traiettoria di mobilità sociale?
[…]
Il concetto chiave che fa da sfondo e da cornice alle osservazioni presentate nelle pagine seguenti è quello di violenza simbolica. L’analisi del dominio simbolico è l’oggetto principale dell’opera di Pierre Bourdieu che si propone di superare una visione delle relazioni di dominio come prodotto solo della coercizione fisica o normativa indagando le forme “dolci”, ma non meno potenti, attraverso cui si esercita il potere nelle società contemporanee.
[…]
Da questo punto di vista, la scelta di una traiettoria scolastica poco ambiziosa per gli appartenenti ai gruppi sociali marginali o subalterni, è il risultato dell’accettazione della propria posizione nello spazio sociale complessivo: «non fa per me» esprime una presa di distanza da una traiettoria scolastica e sociale da cui la propria categoria sociale è solitamente esclusa, manifesta l’accettazione del divieto di sognare l’impossibile (Bourdieu, 1964).
Tuttavia, l’adesione cognitiva dei soggetti all’ordine sociale non è immediata, meccanica, esito di un’azione magica, ma «il prodotto di un lavoro incessante (quindi storico) di riproduzione cui contribuiscono agenti singoli […] e istituzioni» (Bourdieu, 2009, p. 45). In tal senso la violenza simbolica è un processo: il concatenarsi di un insieme di azioni e reazioni in cui le identità, le aspirazioni, gli schemi di scelta e azione si costruiscono.
[…]
In questo volume si effettuerà un’analisi delle modalità di gestione scolastica della transizione dalla scuola media alla scuola superiore lavorando su un materiale empirico costituito in parte da osservazioni delle pratiche di orientamento, in parte da interviste con i docenti, gli allievi e le famiglie. L’approccio etnografico ha in questo caso consentito di mettere in luce che l’orientamento scolastico da un lato svolge un ruolo centrale nella costruzione della soggettività, delle ambizioni e delle scelte degli studenti; dall’altro occupa una funzione importante nei processi di violenza simbolica poiché favorisce l’adesione cognitiva degli studenti all’ordine sociale così com’è e alle disuguaglianze che lo attraversano; anziché svolgere un ruolo propulsivo capace di innescare traiettorie impreviste e dunque cambiamento sociale, le pratiche di orientamento osservate appaiono infatti come una forza tesa alla riproduzione del senso comune, con le disparità sociali che produce e che legittima, e dunque alla conservazione dell’esistente.
Bibliografia
P. Bourdieu, Structuralism and the theory of sociological knowledge, in Social Research, 35(4), 1968, pp. 681-706.
P. Bourdieu, Il dominio maschile, 2a ed., Feltrinelli, Milano 2009.
A. Cavalli, G. Argentin, Giovani a scuola, Il Mulino, Bologna 2007.