Valutare, comunicare e decidere oggi.
È uscito in libreria “Oltre il rischio sismico. Valutare, comunicare e decidere oggi”, edito da Carocci per la collana “Biblioteca di testi e studi”. Il libro contiene saggi di Dario Albarello, Lina Calandra, Gianni Silei, Fabio Mugnaini, Mattia Bertin, Ivana Marino, Silvia Nanni, Fabrizia Petrei ed è curato da Fabio Carnelli e Stefano Ventura. Pubblichiamo una breve riflessione sul libro e sui possibili spunti di discussione che potrebbe fornire. Il lettore troverà anche l’indice ed un estratto.
Dopo un disastro abbondano i fiumi di inchiostro, i minuti di diretta e di approfondimento radiotelevisivo, i libri, le mostre fotografiche e tutto ciò che serve a narrare e a far luce su ogni aspetto della “tragedia”. Non avviene lo stesso prima di un disastro, in anticipo, in previsione o per provare a sventare eventi che spesso portano con sé morte, danni, costi elevati e polemiche. Se pensiamo ai terremoti, sappiamo fin da ora che ne avverranno altri, sappiamo anche dove è più probabile che si verifichino, ma oltre ad immaginarlo, possiamo anche attuare altre tecniche per esorcizzare il rischio, rifugiandoci in un atteggiamento scaramantico e apotropaico, oltre che pensare a come agire, a cosa fare affinché la prossima scossa di magnitudo significativa non faccia vittime. Se un terremoto è definito paradossalmente dalla legge stessa come una “calamità naturale”, forse per la distanza temporale con il quale si verifica in uno stesso luogo, per l’intraducibilità di una previsione probabilistica in una causalità di pratiche reali nella vita di tutti i giorni, o meglio per la legittimità che l’urgenza dell’emergenza riesce a dare a scelte politiche altrimenti non convenienti perché sul lungo periodo e poco risolutive, la stessa legge prevede norme e criteri per la costruzione di un tessuto edilizio sicuro, ma proprio la sicurezza appare quotidianamente e fortunatamente ridefinirsi come un costrutto con i più svariati significati, quasi mai coincidenti. Altre volte, invece, accade che non si riesca a comunicare adeguatamente un rischio o che la fiducia venga riposta in scienziati ed esperti poco attenti alla realtà che li circonda.
Da queste considerazioni è iniziato il percorso che ha condotto diversi studiosi, che da diverse angolazioni hanno avuto a che fare con il terremoto come oggetto di studio, a confrontarsi per definire un campo di discussione e indagine e per provare a costruire vari campi semantici dialoganti nella cornice della prevenzione e della mitigazione del rischio sismico.
Il progetto, nato da un convegno tenutosi a Siena il 28 febbraio 2013, ha coinvolto diversi centri di ricerca e ricercatori di tutta Italia e, pur rischiando, ha voluto aprirsi all’interdisciplinarietà: per dare un’appropriata risposta ai problemi connessi al rischio sismico è parso necessario coinvolgere le discipline che studiano il fenomeno nei suoi aspetti geologici, strutturali e urbanistici, facendoli però scontrare e dialogare sia con la memoria storica, la geografia e l’antropologia, sia con la pedagogia e la comunicazione.
Per dare una potenziale impronta pragmatica al tema, si è scelto inoltre di individuare tre verbi, tre azioni possibili che possano segnare un tracciato, un approccio e un metodo di lavoro: valutare, comunicare e decidere. Il risultato è oggi rappresentato da Oltre il rischio sismico. Valutare, comunicare e decidere oggi. La serie di interrogativi e le risposte che gli autori dei saggi hanno provato a dare sono da considerarsi un contenitore aperto, uno spazio che la comunità scientifica e accademica, le istituzioni e il mondo del volontariato e della Protezione Civile potrebbero sfruttare per comprendere a tutto tondo le implicazioni insite nel concetto di rischio, e non solo di quello sismico. Più volte si è paventato l’intervento sul territorio e nelle comunità come possibile campo d’azione per limitare gli effetti dei disastri ambientali prevedibili o non prevedibili, e più volte si è discusso della necessità di investimenti concreti e rapidi in tal senso. Il confronto e il contributo diffuso può partire, quindi, anche da approfondimenti ragionati, frutto delle differenti discipline, come quelli contenuti in questo volume: essi non intendono essere normativi o indicatori di buone pratiche sterili ma provano a fornire un campo di dialogo e negoziazione agli attori coinvolti a tutti i livelli, affinché il rischio sismico non si configuri come l’ennesimo strumento di governo ma come un continuum di tattiche e strategie innanzitutto da oggettivare e poi rinegoziare.
Nonostante la pretesa di verità e prevenzione che ogni disciplina porta con sé, anche in questo volume, ha quindi prevalso in noi la volontà politica di fornire un quadro per potersi orientare ed inserire con urgenza nel dibattito innescato dal processo dell’Aquila e nell’ormai ordinaria gestione umanitaria-emergenziale post-disastro.
Un estratto dall’Introduzione (pp. 11-12):
Dinanzi alla palese frequenza dei terremoti nel nostro paese, suona ad esempio paradossale che si definisca per legge un evento sismico come una “calamità naturale”; è evidente, infatti, che si è qui in presenza di un tentativo di costruzione di quell’eccezione del diritto che garantisce uno stato d’eccezione umanitario, permettendo di affrontare a pieni poteri il vulnus, ovvero letteralmente, etimologicamente parlando, le ferite subite.
Ecco che solitamente ci si riferisce alla vulnerabilità di un gruppo umano rispetto a un potenziale danno atteso e lo si fa rievocandola a posteriori, dopo l’avvenuta disastrizzazione dell’evento stesso; ma solo se consideriamo l’evento terremoto un chiaro acceleratore di processi già in atto oltre che una crisi rivelatrice a cui è necessario rispondere culturalmente riconfigurando il proprio sistema di significati e significanti, è possibile poter pensare al rischio sismico – e agire di conseguenza – attraverso un’analisi che possa abbracciare e integrare varie discipline e varie prospettive.
È necessario quindi partire dalle precedenti considerazioni per affrontare una riflessione interdisciplinare sul rischio alla luce dei vari processi di vulnerabilizzazione attuati e in atto, su tutti i livelli, dalla dimensione individuale a quella collettiva, dal sapere scientifico della sismologia al sapere ingegneristico, dal concetto di causalità a quello di responsabilità nel campo dell’etica, della giurisprudenza e della comunicazione pubblica e istituzionale, dalla sismologia storica al folklore sismico e ai processi simbolici di interpretazione; dal tessuto edilizio alle relazioni urbane, dai processi educativi alle policy, dalla comunicazione alla partecipazione per condividere il rischio come processo culturale in un’arena dialettica di significati e pratiche.
Per far questo è ad esempio importante l’apporto della memoria e un’interpretazione consapevole della propria realtà e del proprio ambiente naturale e culturale: la capacità di resilienza diventa anche strettamente dipendente dalla conoscenza tramandata da generazioni. Il terremoto come evento catastrofico è per lo più visto come una possibilità remota e fatalistica: per questo motivo la memoria non riesce a essere da stimolo concreto alla prevenzione. Oltre alla dimensione destorificante e destoricizzante influiscono in maniera determinante anche il fattore tempo e il fattore consenso politico: se il rischio che avvenga un forte terremoto è posto in un intervallo temporale di 30-50 anni, difficilmente un politico investirà risorse e attenzione su quel tema, ma preferirà promesse immediate in grado di far riscuotere voti nelle elezioni a breve termine, entro 5 anni al massimo. Questo è l’orizzonte culturale che abbiamo di fronte e su questo cambio di orizzonte bisogna agire per rafforzare gli strumenti di prevenzione.
L’interesse per le forme di elaborazione della memoria, in connessione a eventi disastrosi, è un tema di ricerca che di recente ha iniziato ad acquisire valore; a seconda delle caratteristiche, può svilupparsi una memoria eroica, che tende a mitizzare la rinascita e la risposta positiva di una comunità, o un oblio consapevole, che tende a cancellare o sottacere le mancanze, l’incapacità gestionale e spesso anche le occasioni di corruzione e malaffare che la ricostruzione innesca. Altre volte, dimenticare è una risposta quasi fisiologica per continuare ad abitare quel luogo, superando in maniera collettiva la paura che il terremoto trasmette, dopo averne provato gli effetti, e anche attraverso una rimozione individuale che vuole evitare di ripercorrere, col ricordo, una rivisitazione dolorosa di quell’evento.
Le considerazioni sin qui esposte hanno indotto gli autori di questo volume a confrontarsi per cercare delle possibili risposte, ben condensate nei tre verbi che seguono il titolo del volume: valutare, comunicare, decidere in una situazione di rischio, con particolare attenzione ai terremoti.
Professori universitari, giovani ricercatori e persone, che a vario titolo si sono occupati del tema, si sono poi confrontati in un percorso condiviso che ha avuto come punto culminante una tavola rotonda all’Università di Siena il 28 febbraio 2013. È intenzione di chi ha partecipato a tale percorso far scaturire, da quella esperienza e dalla discussione tra le diverse discipline coinvolte, un contributo ampio e approfondito che stimoli dibattito e suggestioni in chi è chiamato ad avere parte attiva nell’affrontare il rischio sismico e le sue implicazioni ma anche in chi vuole semplicemente avere più informazioni e strumenti per comprendere queste tematiche.
Indice del volume
Introduzione di Fabio Carnelli e Stefano Ventura
Parte prima
Il concetto di rischio sismico: modelli e riferimenti tecnico-scientifici
- Pensare i futuri terremoti di Dario Albarello
- Tessuto edilizio e costruito, tra prevenzione e recupero di Ivana Marino
- La riduzione del rischio sismico in ambiente urbano di Mattia Bertin
Parte seconda
Terremoti ieri, oggi e domani: storia, cultura popolare ed evoluzioni future
- Coltivare il passato per prevenire in futuro? Sulla storiografia dei disastri e il mestiere dello storico di Gianni Silei
- A flagello terraemotus, libera nos homo. Dal presagio al calcolo: verso una consapevolezza politica del rischio sismico di Fabio Mugnaini
- Politica e prevenzione: il difficile ruolo dell’educazione e della pedagogiadi Silvia Nanni
Parte terza
Territori a rischio: comunicazione e partecipazione
- Comunicare per prevenire: quali messaggi, quali strumenti, quali linguaggi di Fabrizia Petrei
- Territorialità e processi di partecipazione. Verso una cultura della prevenzionedi Lina M. Calandra