Multisegnalazioni #3

Terza puntata della rubrica di multisegnalazioni editoriali curata da Alberto Prunetti.

multisegnalazioni #3

Colson Whitehead, La ferrovia sotterranea, Roma, Sur, 2017, pp. 376, euro 20, traduzione di Martina Testa

Ci ho messo molto a trovare il tempo per scrivere una segnalazione per un libro che ho letto in due notti, rubando ore al sonno. Nel campo della narrativa è forse il titolo che ho letto con più piacere nel 2017. Di sicuro l’ho consigliato a tutti i miei amici e ne ho regalato non so quante copie. Inutile scriverne una recensione: è stato recensito da tutti con lode. Posso solo dire di avere avuto la fortuna di leggerlo da una prospettiva particolare, ossia partecipando con una compagna di Non una di meno alla traduzione del saggio di Angela Davis Donne razza e classe, appena uscito per Alegre. E il saggio di Davis entra in tensione magnetica col romanzo di Whitehead, per una serie continua di rimandi. Whitehead intreccia realismo magico e narrativa western contemporanea approcciando questi due ambiti da una prospettiva black, sulla base di un ampio repertorio di memorialistica sullo schiavismo. Prendendo alla lettera la metafora della Underground railroad, il circuito clandestino di posti e contatti sicuri che agevolava, anche a mano armata, la fugadegli schiavi dalle piantagioni del Sud fino al Nord o addirittura al Canada, Whitehead costruisce un’eroina invincibile e le associa un antagonista indimenticabile. Forte quanto i personaggi è lo sfondo storico e la geografia dello schiavismo – indimenticabile e atroce il capitolo sul North Carolina: detto in breve, una lettura imprescindibile.

Jorge Ibargüengoitia, Messico. Istruzioni per l’uso, Roma, Sur, 2018, pp. 246, euro 16,50, traduzione di Francesca Lazzarato

Ironico e dissacrante. Una raccolta di pezzi dal giornalismo narrativo di Jorge Ibargüengoitia che racconta con occhio sarcastico, con un umorismo tagliente e onesto, i vizi e i tic del Messico. Ma intendiamoci: potrebbe palare dall’Italia, della Grecia o dell’India. Con una penna lucida e affilata l’autore irride i vizi dei messicani: ma il suo non è quel meccanismo vittimario di certa commedia all’italiana, che finge di stigmatizzare alcuni lati del costume nazionale per autoassolversi (“così fan tutti”, in fondo “mal comune mezzo gaudio”). La sua è critica sociale e nelle pagine dell’autore non c’è indulgenza verso i propri contemporanei. Per inciso, i pezzi sulla burocrazia e le poste, assieme alla prima parte (“Elenco di difetti da correggere”) sono i miei preferiti.

Haroldo Conti, Sudeste, Roma, Exorma, 2018, pp. 2017, euro 14,90, traduzione di Marino Magliani

Ricordo un film in bianco e nero visto al cinema del centro culturale San Martin di Buenos Aires. Un film acquatico, onirico, fluviale, coi fotogrammi che scorrevano nel corso del tempo, silenziosamente. Era un adattamento da uno dei romanzi chiave della letteratura argentina. Ricordo il nome dell’autore di quel romanzo, Haroldo Conti, pronunciato in un evento, l’inaugurazione di una mostra dedicata agli scrittori argentini desaparecidos. Ricordo Osvaldo Bayer, che presiedeva quell’evento, dire che lui voleva morire a Buenos Aires e non in Germania, dove allora viveva, perché non voleva rimanere separato dai tanti amici che la dittatura gli aveva portato via. Lesse i nomi di quegli scrittori. Un applauso sommerse i nomi di Rodolfo Walsh e Haroldo Conti. Oggi, grazie alla bella traduzione di Marino Magliani, anche il lettore italiano può immergersi in quel romanzo acquatico e scendere lungo le rive del Paranà col suo autore, che ancora continua da qualche parte a navigare, alla ricerca del pesce dorato e di un approdo per i suoi sogni di uguaglianza e libertà.

Filippo Casaccia aka DzigaCacace, Divine divane visioni, Bologna, Odoya, 2017, pp. 489, euro 24

Ho sempre seguito con interesse la rubrica di Filippo Casaccia su Carmilla, dedicata a rapide e ironiche segnalazioni di titoli cinematografici (ma anche musicali). L’ho usata proprio come una guida, cercando idee per un film da vedere, o per revisionare certi ricordi su visioni fatte lustri fa (tra i 15 e i 22 anni ho visto in maniera compulsiva la maggior parte dei film della mia vita, poi ho rallentato). E devo a Filippo la scoperta di registi o musicisti che non conoscevo, come il grandissimo chitarrista irlandese Rory Gallagher. Così, quando Odoya ha deciso di raccogliere una selezione delle sue Divine divane visioni, non ho potuto che rallegrarmi. Il punto non è adesso rileggermi le sue segnalazioni: è trovare il tempo di guardarmi tutti i film che consiglia. Ma lo farò, dovessi morire a cent’anni!

David Parri, Nelle zone temperate, Viterbo, Stampa Alternativa, 2017, pp. 389, euro 18

Esordio narrativo per David Parri che scrive una storia ambientata nel sud della toscana (tra la Maremma e l’Amiata) seguendo i percorsi di un pugno di personaggi attraverso le evoluzioni rivoluzionarie del secolo breve. A cornice, un filo narrativo contemporaneo fa da controcanto alla narrazione. Parri scrive con capacità tecnica, seguendo forse pedissequamente l’esempio del naturalismo (non a caso cita Germinal di Zola, che ad ogni modo è una fondamentale base di partenza). C’è una dimensione corale nella sovrapposizione dei protagonisti, scelta che trovo convincente, che del “grande personaggio” di certi romanzi storici degli ultimi anni non se ne può più; e c’è anche un taglio abbastanza obliquo della prospettiva del racconto (dal basso, dal fondo delle miniere e dagli appartamenti umili degli esuli antifascisti). Se Parri saprà calcare altri territori del romanzo storico (sul filone che da Eco va ai Wu Ming e a Evangelisti, oppure praticando l’ibridazione tra saggio e narrativa, ad esempio), son certo che ne risentiremo parlare. La stoffa c’è.

Giuseppe Faso, Sergio Bontempelli, Accogliere rifugiati e richiedenti asilo, Manuale dell’operatore critico, Firenze, Cesvot, 2017, pp. 155

Una guida pratica che cerca di fare chiarezza in un campo dove voci, leggende urbane e chiacchiere da social creano pantani tossici. Di valore inestimabile in questi tempi, per la sua chiarezza espositiva e per la finezza con cui tratta argomenti fondamentali. Da Faso, che in passato ha pubblicato un testo che forse è il miglior trattato di analisi linguistica del razzismo degli ultimi anni (Lessico del razzismo democratico, Derive Approdi, 2008), questa nuova fatica scritta a quattro mani con Bontempelli brilla per lucidità e chiarezza. Ed è proprio negli aspetti linguistici, dall’esame delle parole con cui parliamo dei protagonisti delle migrazioni alle pagine sulla didattica dell’italiano, che questo manuale risulta fondamentale. Molto belli anche gli aneddoti raccontati in coda ai capitoli. Il debunking della marea nera è faticoso, ma strumenti come questi vanno messi nell’officina per la costruzione di un barriera che resista alla barbarie.

Qui la prima, e qui la seconda multisegnalazione uscite su il lavoro culturale.

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