Multisegnalazioni #01

Riparte su il lavoro culturale la rubrica di segnalazioni editoriali di Alberto Prunetti, che in passato era stata ospitata da Carmilla on line e poi da 404: File Not Found.

Roberto Bolaño, Tre, Roma, Sur, 2017, nuova serie, pp. 187, euro 16,50, trad di Ilide Carmignani

La collana Sur aggira la boa della cinquantesima uscita e cambia stile. Via l’hardcover vintage, bellissima, del passato, arriva adesso una copertina morbida con una gamma di colori freddi che va dal verde al blu, sempre firmata da Falcinelli. I nomi sono di primo piano: le prime due uscite vedono un Bolaño (in vesti poetiche), tradotto da Ilide Carmignani e ottima introduzione di Andrés Neuman, e un classico della letteratura argentina, L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares, (Roma, Sur, 2017, pp. 133, euro 15). Entrambe le opere sono ormai classici e segnano forse un cambio di rotta di Sur: non solo presentare opere di autori importanti ma meno famosi in Italia, ma ripartire dai grandi nomi. Vediamo come continuerà il progetto editoriale, assolutamente lodevole, per la qualità e la quantità delle proposte.

Collettivo Metalmente, Wu Ming 2 e I. Brentari, Meccanoscritto, Roma, Alegre, 2016, pp. 349,euro 16

Crumiro chi non lo legge. Che questo libro è un altro passo in avanti nella formazione di una narrativa working class italiana che aspettavamo da tanto, troppo tempo. E non è una storia del precariato né la letteratura industriale degli anni Sessanta. Non è lo sguardo sulla fabbrica rivolto dall’alto verso il basso, dall’intellettuale borghese, magari empatico, magari progressista, che vede l’alienazione e non coglie l’allegria, la solidarietà e il pride, l’orgoglio operaio. E non è neanche il lamento colmo di stupore del precario che non capisce come ha fatto a ritrovarsi così in basso. Questa è narrativa proletaria, capace di legare il presente e il passato, capace di storicizzare e di raccontare il conflitto. È da qui che bisogna partire. È da qui che andremo avanti, nelle lotte e nella scrittura. Qualcuno avrà pensato che certe scritture operaie fossero comete isolate, fenomeni che non potevano riprodursi, ecc. ne riparleremo più avanti, quando arriverà una pioggia di meteoriti working class.

Pino Narducci, El minuto. Indagine su una storia napoletana nella Buenos Aires dei militari, Roma, Alegre, 2017, pp. 158, euro 14

La storia della scomparsa di una generazione intera di militanti di sinistra nell’Argentina della dittatura di Videla e associati è un terribile buco nero da cui continuano a venire alla luce pezzi di memorie, storie, a volte addirittura frammenti di ossa o filamenti di materiale genetico. Una di queste storie dimenticate vede protagonisti un gruppo di militanti di origine campana. Narducci ricostruisce quelle vite tra il Vesuvio e il Rio de la Plata con precisione minuziosa e tensione politica e narrativa.

Stefano Cardosselli, Il grande sgarbo, Orbetello, effequ, 2017, pp. 208, euro 15

Temevo che questa graphic novel fosse una controstoria fattuale del Risorgimento, cosa che potrebbe andare di moda visto il successo, soprattutto nel Meridione, di narrazioni neoborboniche. Invece si tratta si di una storia alternativa e distopica, capace di individuare la debolezza del progetto risorgimentale là dove risiede, in quello stato di eccezionalità del nostro Paese rappresentato dalla presenza del Vaticano. Tavole molto belle, dove si coglie un’eredità della linea stilistica di Frigidaire.

 Eric Gobetti, Sarajevo Rewind. Cent’anni d’Europa, Torino, Miraggi edizioni, 2016, pp. 139, euro 14

Strano e molto bello questo ibrido di Eric Gobetti, che si pone nel crocevia tra il memoriale di viaggio, il diario di appunti in vista delle riprese di un documentario, la biografia e il saggio storico. È che Gobetti fa un po’ tutte queste cose. È un bravissimo storico, autore di saggi importantissimi sul confine orientale e il partigianato. Ma è anche un documentarista che ha firmato un’opera importante come Partizani. E ovviamente è anche un viaggiatore e un appassionato conoscitore dei Paesi dell’ex Jugoslavia. Eric ha ibridato tutti questi profili, queste diverse funzioni intellettuali e passionali e ne è uscito un cocktail narrativo potentissimo dedicato alla vicenda dell’attentato di Sarajevo,che non dà alla testa e carica tantissimo.

Marino Magliani, Marco D’Aponte, La ricerca del legname, Latina, Tunué, pp. 110, euro 14,90

La coppia Magliani/D’Aponte aveva già realizzato un pregevole adattamento di Sostiene Pereira di Tabucchi. Torna adesso con una graphic novel che adatta un racconto di Magliani, un noir sotterraneo con investigatori selvaggi alla Bolaño che vagano alla ricerca di un topo mutante in un mondo esterno sconosciuto che ricorda la Liguria, la terra dell’anima sempre evocata nelle pagine dello sceneggiatore, da anni residente nell’Europa del nord.

Rosa Mordenti, Al centro di una città antichissima. La storia indicibile di un partigiano e di chi lo uccise, Roma, Alegre, 2017, pp. 94, euro 10

Un piccolo, straordinario libro. Un altro ibrido della Collana Quinto tipo di Alegre, dove spesso le storie familiari sono la base per aprire, col bisturi della scrittura, i luoghi oscuri del corpo sociale. E il bisturi di Rosa è affilatissimo e taglia le carni della memoria privata per mettere a nudo una storia intima, fatta di ricordi bellissimi e di grandi oscurità, di un indicibile rimosso e perturbante a cui lei riesce a ridare corpo e parola. E in questa storia dolorosa lascia infine al lettore l’immagine dei due protagonisti, i suoi nonni, e ce li lascia addosso, all’uscita del testo,entrambi giovani e sorridenti. È questa la cifra del suo lavoro, il garbo di aver superato il dolore di una storia familiare, di quelle che la cronaca riduce a stereotipo vittimario, a lacrime e sangue, con una prosa storica e autobiografica che di quella ferita è anche la necessaria cicatrice.

Wolf Bukowski, La santa crociata del porco, Roma, Alegre, 2017, pp. 174, euro 15

Wolf è l’autore di un libro fondamentale che applica la critica dell’economia politica alla nicchia farinettizzata dell’alimentazione, dimostrando che dietro allo storytelling c’è una valorizzazione della merce per i ricchi e un’estrazione di profitto a danno dei poveri (parlo di La danza delle mozzarelle). Adesso torna con un testo dedicato al maiale, il vero dio sacrificato sui tavoli delle mense italiane. Wolf non si occupa solo di analizzare la filiera della produzione (di per sé pericolosa, inquinante e dolorosa) ma anche l’uso che di questo animale, ridotto a cibo, si fa nelle retoriche razziste. Mangiare maiale infatti non è una cosa neutrale che tutte le comunità umane fanno in qualsiasi latitudine. È una pratica resa neutrale in Occidente da secoli di cristianesimo. Wolf smonta questa neutralità e spiega le connotazioni di certe pratiche razziste, antisemite e islamofobiche associate al maiale: le teste lanciate contro le moschee, le passeggiate di onorevoli leghisti con maiali al guinzaglio, l’odio di Casa Pound e affini verso le mense scolastiche che provano a dare alternative al maiale. Un libro quanto mai attuale scritto con straordinaria precisione.

Maja Lunde, La storia delle api, Venezia, Marsilio, 2017, pp. 426, euro 18,50.

Questo romanzo mi ha lasciato qualche perplessità e i superlativi usati dall’editore nel paratesto mi paiono eccessivi. Ci ha messo un po’ a smuovermi, forse perché la scrittura mi risulta un po’ piatta. Come se avessi, con una metafora automobilistica, viaggiato per quattrocento chilometri sempre alla stessa marcia, senza mai usare il cambio, senza un salto, una discontinuità. Però, pian piano, delle tre linee narrative che si intrecciano, almeno due, quella di William, il naturalista, e quella di George, l’apicoltore, hanno smosso qualcosa. La storia di Tao, in un futuro prospettico neanche troppo lontano, che all’inizio sembrava più promettente, non mi ha colpito più di tanto. Alla fine ho comunque apprezzato il romanzo, da apicoltore hobbysta. Speravo che fosse per le api quello che per la legna e le attività silvestriè stato il manuale narrativo Norwegian Wood. Il tentativo però non era dei più semplici: dare parola alla storia delle api attraverso storie di umani è tutt’altro che semplice, e riconosciamo all’autrice il merito di averci provato. Ripeto: la scelta di una lingua troppo piana a mia avviso non paga. Quando però si parla di api e apicoltura, davvero sembra che da quel romanzo una storia possa sciamare da un momento all’altro. Ed è già un bel risultato.

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