Ma tu che lavoro fai? Storie di editori

Chiusa la XII edizione di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria, pubblichiamo la prefazione e un estratto del libro “Ma tu che lavoro fai?” di Luana Lupo e Stefano Nicosia.

Attraverso la raccolta delle voci di editori, grafici e di quanti lavorano nel mondo del libro, gli autori di Ma tu che lavoro fai? Storie di editori sviluppano un’indagine per cercare di comprendere a che punto si trovi l’editoria in Italia e dove stanno andando i mestieri culturali. 
Il libro pubblicato da Edizioni di Passaggio è il secondo titolo della nuova collana a che punto siamo? che si propone di sviluppare temi trasversali del nostro tempo, in forma di indagine e di domanda.

Prefazione
di Matteo Di Gesù

A scuola abbiamo appreso che i regimi totalitari hanno combattuto i libri con pervicace ostinazione: la loro elaborazione, la loro pubblicazione, la loro diffusione. Ne hanno perseguitato gli autori, ne hanno interdetto la stampa, ne hanno vietato la conservazione, ne hanno impedito la circolazione, li hanno contraffatti, li hanno censurati, li hanno bruciati. Abbiamo imparato, insomma, che, per le ideologie che questi regimi hanno espresso, la vita dei libri costituisce una minaccia. Apprendere questa nozione è stato utile, giusto, necessario: non solo per conoscere meglio i caratteri delle dittature, ma anche per ponderare il valore dei libri e della conoscenza, il loro potenziale democratico e libertario. Presumibilmente, ai nostri nipoti o pronipoti verrà raccontato che l’ultimo episodio, la battaglia più recente di questa guerra dell’ideologia contro il libro venne combattuta, con metodo raffinato e sofisticata intelligenza politica, nelle società capitalistiche e legittimata dal credo liberista che ne suffragava le politiche. Probabilmente, il manuale di storia spiegherà come, in nome del principio per cui tutto, in quel sistema, dovesse essere governato dalle leggi del “libero” mercato (e dunque che non solo ogni produzione umana materiale o immateriale nonché ogni ambito del patrimonio culturale andasse retto e regolato da quelle norme, ma che ogni cosa, compresi dunque la cultura e i libri, dovesse essere considerata una merce), ai libri, o meglio ai libri di qualità, si produsse un danno di entità forse equivalente a quelli causati dalle politiche censorie e repressive delle tirannie.

A qualche lettore una visione del genere potrà sembrare apocalittica, eppure a delinearla non sono solamente biliosi militanti antiliberisti, cassandre malmostose, lamentosi intellettuali laudatores temporis acti: la crisi che minaccia la cosiddetta “civiltà del libro” è comprovata da svariati indicatori statistici ed è oggetto di analisi e argomento di discussione ormai da qualche anno. Se poi il futuro storiografo del nostro presente vorrà prendersi la briga di analizzare e descrivere questo fenomeno circoscrivendolo al caso italiano, avrebbe a che fare con una vicenda particolarmente emblematica e didatticamente assai efficace; di sicuro lo sceglierebbe come il più esemplare e drammatico: cataloghi che custodiscono un bel pezzo della cultura occidentale abbandonati come rifiuti in discarica; oligopoli editoriali che colonizzano ogni spazio editoriale, commerciale, informativo soffocando i piccoli; filiere editoriali, monopolizzate anch’esse, che funzionano come una micidiale catena di strozzinaggio, specie per le librerie indipendenti (ormai quasi del tutto scomparse, del resto); precarizzazione e conseguente svalutazione del lavoro editoriale, a discapito della qualità; politiche pubbliche a tutela della piccola editoria, a salvaguardia della cultura del libro e a sostegno della promozione della lettura inesistenti. E, come si dice in questi casi, si potrebbe continuare.

Tuttavia, proprio da chi i libri li fa, dagli editori indipendenti, da chi opera in questo mondo, negli ultimi anni sono pervenuti modelli alternativi, sono state poste in essere pratiche diverse, sono state messe in atto strategie di resistenza volte a contrastare questi processi: politiche di decrescita rispetto alla esiziale inflazione di titoli immessi sul mercato; consolidamento di identità indipendenti e ricerca di nuovi canali di diffusione; valorizzazione dei profili professionali del settore (dai traduttori ai grafici agli uffici stampa) esplorazione antesignana dell’universo digitale, non solo come supporto alternativo al cartaceo (ambito rispetto al quale il livello di consapevolezza e di sperimentazione dei piccoli editori appare abissalmente distante da quello dei grandi gruppi); istanze di ridefinizione e rinegoziazione della legislazione che regola il settore. L’editoria indipendente, in altre parole, non si è limitata a resistere come ha potuto alla piena della crisi, ma ha davvero espresso un’alternativa di sistema fondata sulla qualità.

Ma tu che lavoro fai? non solo racconta questa storia collettiva in maniera esauriente e illuminante, ma, per il modo in cui è costruito, ne restituisce la coralità: un montaggio di voci dall’interno, un collage di storie che narrano e illustrano cosa significhi fare libri oggi, in Italia, realizzato con competenza e consapevolezza. È un avvincente libro sui libri e per i libri, che ha per di più la straordinaria caratteristica di essere esso stesso parte del suo contenuto, come dicono i suoi autori nell’introduzione, realizzando un effetto di mise en abyme materiale che lo rende ancora più originale. Il nostro storiografo del futuro dovrà leggerlo assolutamente: chissà che non gli venga fuori una storia diversa.

* * *

cosa è un editore
di Luana Lupo e Stefano Nicosia

Questo libro vorrebbe offrire coordinate che si possano sempre aggiornare, lasciando che editori e lettori si facciano, insieme, cartografi di una mappa in continua riscrittura. Gli editori, dal canto loro, i punti di riferimento della carta geografica del loro mestiere li conoscono bene, se li sono dati prima di iniziare a navigare:

Quello di editore è uno dei lavori più difficili da descrivere, soprattutto all’esterno. Facciamo i libri, ma non li scriviamo e non li stampiamo. Credo che il nostro compito più importante, anche proiettandosi al futuro, sia quello di fare una selezione, di assumersi quindi delle responsabilità, di decidere che un testo val la pena di farlo conoscere, rispetto a un oceano di proposte. Legato a questo c’è tutto un lavoro di perfezionamento del testo, uno dei lavori più misconosciuti o sconosciuti. La gente non sa quanto le case editrici curano e portano avanti un lavoro complesso e lungo con l’autore, perché il testo arrivi a una maturazione diversa rispetto a quella della prima stesura.
(Claudia Tarolo | Marcos y Marcos)

In questa breve premessa si declina tutta la densità di questo mestiere: fare i libri significa selezionarli, assumendosi una responsabilità, e farli conoscere. È già tanto, tantissimo, ma non basta:

L’altra cosa importante, in questo mondo che forse diventerà – almeno in parte – digitale, è la promozione: fare un libro è una cosa, renderlo disponibile al lettore è un’altra cosa.
(Claudia Tarolo | Marcos y Marcos)

Quest’ultimo passaggio è fondamentale: il libro deve arrivare al lettore, perché acquisti un vero senso. Ciò che all’inizio era un mazzo di fogli dattiloscritti diventa un volume su uno scaffale in libreria, digitale o meno che sia.

C’è nel nostro mestiere un senso di responsabilità molto forte; c’è l’idea di dar voce a una creatività, a una scrittura, aiutarla a nascere e a diffondersi e, in qualche modo, a imporla culturalmente, a proporla.
(Marco Cassini | minimum fax)

Ne viene fuori un discorso pubblico e privato al tempo stesso, nel tenere insieme una visione personale del mondo e una prospettiva di interesse comunitario, nella quale si riconosce il lettore come interlocutore privilegiato.

Fare l’editore oggi per me significa innanzitutto essere un imprenditore, che ha però una responsabilità culturale nella crescita del nostro paese. Un tipo particolare di imprenditore, che da una parte deve fare in modo che i conti tornino, e dall’altra parte non rinunciare mai alla ricerca e al rispetto per i propri lettori.
(Fausta Orecchio | Orecchio acerbo)

In questo libro si incontreranno diverse figure di editori, mestieri differenti, alcune variabili di una comune vita editoriale.

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