Attorno al corteo per #CharlieHebdo, una lettura per immagini del fronte istituzionale.
Questo post appartiene a un dossier di approfondimento sulla strage alla redazione di «Charlie Hebdo». A questo link potete leggere lo Storify #CharlieHebdo: l’ordine del discorso.
Ci sono due foto. Chiamiamole A e B. Le due foto ritraggono lo stesso soggetto, ma da angolature diverse. Nella foto A osserviamo molti capi di Stato e funzionari, prevalentemente europei, allineati e a braccetto. Nella foto B lo stesso soggetto è fotografato dall’alto. Da questo secondo punto di vista scopriamo che, alle spalle di quella che pensavamo essere la prima fila di un corteo, non c’è nessuno.
L’effetto è quello di un’inquadratura che si allarga. Vediamo il set, i microfoni, i macchinisti. Di conseguenza non crediamo più a ciò che passa sullo schermo. Non crediamo più al film. Questa foto B, che a un certo punto ha cominciato a circolare su Internet, ha dato soddisfazione a chi al film non aveva mai creduto. Per la presenza nel cast di Benjamin Netanyahu, per insofferenza verso il potere, per la partecipazione dei leader di Paesi dove la libertà di espressione non è garantita.
E questa foto B, in effetti, apre ulteriori dubbi. Quando è stata scattata? Prima della partenza del corteo? Oppure per ragioni di sicurezza la testa è sempre stata staccata dal corteo? O forse si è trattato di una photo opportunity. Pertanto, suppongo, poco dopo lo scatto i capi di Stato si saranno sfilati dalla testa del corteo, meccanicamente riassorbiti dai rispettivi protocolli di sicurezza.
Potrei del resto verificare. Potrei sapere come effettivamente sono andate le cose. Renzi ha detto: «abbiamo marciato per trecento metri». Ma non è questo il punto. Nonostante Netanyahu e nonostante questo domandarmi, anzi sapendo oggi più che mai che il dubbio deve dettare il ritmo stesso del pensiero, del respiro e del racconto giornalistico, io dico che la foto diffusa o propalata dai giornali, la foto A, quella con i capi di Stato schierati a braccetto, è la foto più preziosa. Così potente da evocare la pittura. È proprio dalla vertigine e forza d’illusione della foto A che mi sono lasciato prendere, anziché dal disincanto che avrebbe potuto procurarmi la foto B.
A questa foto A, io ho voluto guardare così: sospendendo l’incredulità e il giudizio. Esposto alla magia apotropaica dell’immagine. O meglio: immaginando che l’Europa sia stata per qualche ora unita, con i suoi rappresentanti sospinti solennemente all’avanguardia. Marciando nei loro cappotti scuri alla testa del corteo. Con i nasi arrossati nell’aria gelida sagomata dallo scheletro dei platani. La stoffa calda di una canottiera che fascia lo stomaco di Hollande. Abu Mazen piccolo come un bambino. Renzi sempre stupido, o grullo, distratto da un uccellino. Ciascuno muovendo le tibie infreddolite, con una cadenza grave che sembra rubata alla Sarabanda di Händel.
A mente sgombra dal giudizio, mi è sembrato, anzi ho visto, sentito, che i rispettivi profili dei leader in marcia – le contraddizioni di ciascuno, le menzogne, i lati oscuri, le lordure – erano stati temporaneamente aboliti dalla sacralità di un momento così stupefacente, così infero. Non i politici corrotti, nemmeno i socialisti ricchi e troppo colti, o i tecnocrati, o i burocrati pro austerity, o i populisti da centoquaranta caratteri, insomma nessuna delle caricature partorite nella stampa e nell’opinione pubblica europea poteva sfuggire al dominio atmosferico di questa cappa, di questo lutto continentale.
Non un capitolo dell’ordinario storytelling politico-mediatico, ma la partecipazione dell’establishment a un rito, all’attraversamento delle nebbie e dell’Ade insieme a milioni di francesi. Umani tra gli umani, anche se si dubita che siano alieni, rettiliani, eredi di Tutankhamon e continuatori di un progetto di dominio. Ho sospeso il giudizio, me ne sono astenuto, anche con un altro scopo: separarmi dal columnist disincantato e aggressivo in cui io e gli altri a volte ci trasformiamo, approfittando di un piccolo spazio informatico. Mi è sembrato più sano, più conforme al lutto e al passaggio della morte dentro il mio corpo, tacere e compiere un provvisorio atto di fede nella foto A.