Pubblichiamo una sintesi del rapporto Blaming the Rescuers, a cura di Charles Heller e Lorenzo Pezzani (Forensic Oceanography, parte dell’agenzia Forensic Architecture, Goldsmiths, University of London), in concomitanza con il suo lancio presso l’Associazione della Stampa Estera in Italia.
Sommario
Al fine di dissuadere i migranti dall’attraversare il Mediterraneo, a fine 2014 l’Unione Europea e i suoi Stati membri si sono ritirati dalle attività di salvataggio in mare, provocando così un record di decessi. Le Organizzazioni Non Governative (ONG) sono state costrette ad avviare le proprie missioni di soccorso nel disperato tentativo di colmare questo vuoto e ridurre le vittime. Oggi le ONG si trovano sotto attacco, ingiustamente accusate di “collusione con i trafficanti”, di “costituire un fattore di attrazione” e, in ultima analisi, di mettere in pericolo i migranti.1 Questo rapporto confuta tali accuse attraverso un’analisi empirica. L’obiettivo è evitare una catastrofe incombente: se le ONG saranno costrette a fermare o a ridurre le loro operazioni, molte più vite saranno perse in mare.
Sono passati due anni da quando più di 1.200 persone morirono in mare nei naufragi del 12 e 18 aprile 2015 – i più gravi documentati nella storia recente del Mediterraneo. Queste morti, come abbiamo dimostrato nel rapporto Morte per soccorso pubblicato lo scorso anno, furono il risultato della chiusura dell’operazione italiana Mare Nostrum (MN), che aveva avviato un’azione di pattugliamento vicino alle coste libiche per soccorrere i migranti in difficoltà.2 La fine di Mare Nostrum lasciò un enorme vuoto nella capacità di ricerca e soccorso in mare (SAR), vuoto che avrebbe dovuto fungere da deterrente all’arrivo di migranti, ma che invece portò solo a uno sconcertante aumento delle morti in mare a inizio 2015. A seguito di questa terribile perdita di vite umane, lo stesso presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, dovette ammettere che era «stato un errore grave terminare l’operazione Mare Nostrum» e che tale errore era «costato vite umane». 3
In queste ultime settimane, le operazioni di ricerca e il soccorso (SAR) in mare, di cui si sono fatte carico in misura sempre maggiore le ONG, sono ancora una volta sotto attacco.4 Nonostante il loro fondamentale ruolo nel salvare vite umane, le ONG che si dedicano ad attività SAR sono state oggetto negli ultimi mesi di una pesante campagna denigratoria che non solo ha coinvolto Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere e della guardia costiera, politici di alto profilo istituzionale e i media, ma che ha anche portato all’apertura di indagini conoscitive da parte di varie procure italiane.
Parte di questa campagna è consistita in una serie di odiose accuse nei confronti delle ONG, che sono state tacciate in particolare di “colludere con i trafficanti” per il proprio tornaconto.5 Nonostante questi attacchi abbiano giocato un ruolo fondamentale nel creare un clima di sospetto e nel diffondere quella che abbiamo definito una “narrazione tossica”, si sono dimostrati per lo più infondati o sono già stati efficacemente confutati, e non saranno quindi analizzati in dettaglio qui.6 Il nostro rapporto si concentra invece principalmente su una serie di accuse più sottili e tuttavia non meno gravi che sono state inizialmente formulate da Frontex e che ruotano attorno ai presunti effetti delle attività SAR sulle dinamiche delle migrazioni nel Mediterraneo centrale. Le principali argomentazioni a supporto di questo argomento possono essere così riassunte: le ONG che si dedicano ad attività SAR 1) costituiscono un «fattore di attrazione» che spinge più migranti a tentare la pericolosa traversata; 2) «aiutano involontariamente i criminali», incoraggiando i passatori a usare barche di qualità ancora più scadente e condotte più pericolose; 3) rendono in questo modo l’attraversamento più pericoloso per i migranti. 7 Questa argomentazione è quasi identica a quella che era stata precedentemente usata contro Mare Nostrum e che abbiamo già confutato in Morte per soccorso. 8 Eppure, la crescente pericolosità della traversata del Mediterraneo centrale è un dato di fatto, come testimoniano sia l’aumento del numero di decessi – da 2.892 nel 2015 a 4.581 nel 2016 – sia del tasso di mortalità – da 1.84 nel 2015 a 2.5 nel 2016.9 Questi dati preoccupanti giustificano da soli la necessità di un’analisi seria e circostanziata.
Il seguente rapporto si basa su una serie di interviste dettagliate con funzionari statali, rappresentanti delle ONG e migranti, nonché su rapporti ufficiali finora inediti, analisi delle reti dei passatori libici prodotte da giornalisti investigativi, analisi statistiche e metodi cartografici. È stato prodotto da Forensic Oceanography, un team di ricerca parte dell’agenzia Forensic Architecture di Goldsmiths (Università di Londra) e specializzato nell’uso di tecniche forensi e cartografiche per ricostruire le condizioni che portano alle morti dei migranti in mare.
Dipanando i fili dei vari processi e attori che hanno influenzato le dinamiche delle migrazioni nel Mediterraneo centrale tra il 2015 e il 2016, il rapporto esamina le accuse formulate contro le ONG e dimostra come si basino su analisi parziali e falsi nessi di causalità.
Sulla base dei nostri risultati, possiamo rispondere a ciascuna delle accuse contro le ONG nella maniera seguente:
1. Le ONG che operano vicino alle acque territoriali libiche costituiscono un «fattore di attrazione» che spinge più migranti a tentare la pericolosa traversata?
La nostra analisi indica che le ONG che effettuano operazioni SAR non sono state il principale fattore di aumento degli arrivi nel 2016. Il numero maggiore di arrivi registrati nel Mediterraneo centrale nel 2016 è infatti in linea con l’aumento degli arrivi di migranti africani registrato nel 2014-2015, un periodo cioè in cui la presenza delle ONG era ancora assai limitata. Tale fenomeno fu in parte riconosciuto da Frontex stessa che, riassumendo le tendenze osservate nel corso del 2016, rilevava:
Il Mediterraneo centrale ha visto l’arrivo del maggior numero di migranti mai registrato in provenienza dall’Africa subsahariana, dall’Africa occidentale e dal Corno d’Africa (181.459 migranti, in aumento del 18% rispetto al 2015). Questa tendenza, in linea con i precedenti incrementi annuali, dimostra che il Mediterraneo centrale è diventato la rotta principale per i migranti africani verso l’UE, ed è molto probabile che rimanga tale per il prossimo futuro.10
La discrepanza temporale fra l’inizio dell’aumento degli arrivi di migranti africani dalla Libia e il dispiegamento della flotta delle ONG indica che non è possibile stabilire nessun nesso di causalità fra questi due fenomeni. Ciò è anche dimostrato dal fatto che, lungo la rotta del Mediterraneo occidentale che parte dal Marocco, è stato registrato un aumento del 46% degli arrivi dal 2015 al 2016, nonostante l’assenza di ONG. La nostra analisi mostra invece che il peggioramento delle crisi economiche e politiche che colpiscono diverse regioni in tutto il continente africano, a partire dai disordini in Libia, ha giocato un ruolo fondamentale nell’aumento del numero di partenze. Di fronte all’orribile situazione in Libia, i migranti non hanno altra scelta se non quella di tentare la traversata, con o senza la presenza di operazioni SAR proattive. Come analizzato nel nostro rapporto Morte per soccorso,11 prova inconfutabile di ciò è il fatto che la chiusura dell’operazione Mare Nostrum all’inizio del 2015 non portò a una riduzione del numero di arrivi, ma solo a un aumento del numero di morti in mare.
2. Le ONG aiutano involontariamente i criminali, incoraggiando i passatori a usare barche di qualità ancora più scadente e condotte più pericolose?
La nostra analisi riconosce la spirale negativa nelle pratiche dei passatori e nelle condizioni della traversata nel corso del 2015 e 2016. Tali pratiche includono: l’uso crescente di gommoni di scarsa qualità al posto delle più solide barche di legno; la fornitura di meno carburante, cibo e acqua per la traversata; un aumento delle partenze in condizioni ambientali più difficili; infine un sempre maggiore sovraccarico delle barche. Tuttavia, dalla nostra analisi emerge che le ONG hanno risposto a queste pratiche, e non ne sono state la causa: all’origine di quelle pratiche ci sono invece altri processi e attori antecedenti all’arrivo delle ONG. Alla base del continuo degrado delle condizioni della traversata a partire dal 2013, ci sono innanzitutto i violenti disordini in Libia. Alla fine del 2015, è emerso un nuovo modello di traffico controllato dalle milizie, che ha contribuito a molti dei cambiamenti indicati sopra. Anche l’operazione dell’Unione Europea di contrasto ai passatori, EUNAVFOR MED, ha avuto un impatto importante sulle loro tattiche. Intercettando e distruggendo le imbarcazioni utilizzate dai passatori, EUNAVFOR MED ha infatti contribuito al passaggio da grandi imbarcazioni di legno ai più economici e meno solidi gommoni. Come rilevato dal comandante dell’operazione stessa in documenti di analisi interni:
i contrabbandieri non possono più recuperare le imbarcazioni [di legno] in alto mare, rendendole effettivamente un’opzione meno economica e quindi meno praticabile nell’ambito delle operazioni di traffico 12
Questi cambiamenti sono stati osservati già alla fine del 2015 e nei primi mesi del 2016, quando cioè la presenza delle ONG era ancora limitata. Ciò conferma che le attività delle ONG non ne sono state la causa. Infine, su pressione dell’Unione Europea, la Guardia Costiera Libica (GCL) nel 2016 ha intercettato un numero maggiore di imbarcazioni di migranti mentre lasciavano le coste della Libia. L’uso ripetuto da parte della GCL di metodi violenti che in alcuni casi ha portato anche al capovolgimento di barche con migranti a bordo, ha contribuito ad aumentare il pericolo della traversata e a intensificare il ricorso a condotte più pericolose da parte dei passatori. Le ONG, che sono state progressivamente indirizzate dalla Guardia Costiera Italiana sempre più vicino alla costa libica per prevenire il verificarsi di situazioni di imminente pericolo, hanno semplicemente risposto a questi cambiamenti. Anche se la loro presenza potrebbe in effetti aver contribuito al consolidamento di specifiche condotte da parte dei passatori (come il non fornire più ai migranti un telefono satellitare), le ONG non ne sono state la causa.
3. Nonostante le loro intenzioni, le ONG stanno rendendo la traversata più pericolosa per i migranti?
Il 2016 è stato al contempo l’anno con il più alto numero di morti mai registrato nel Mediterraneo e con la maggiore presenza di ONG in mare.13 Ciò potrebbe inizialmente apparire un paradosso. Tuttavia, dalla nostra analisi, basata su dati mensili e non su quelli relativi all’intero anno, emerge un’altra storia. Il tasso di mortalità risulta infatti molto alto nei primi mesi del 2016 – cioè prima che le ONG tornassero nel Mediterraneo centrale in seguito alla pausa invernale – e diminuisce invece rapidamente in parallelo al loro ritorno in mare. Aumenta nuovamente solo quando la presenza delle ONG SAR diminuisce alla fine dell’autunno. C’è pertanto una stretta correlazione negativa tra l’aumento del numero di navi delle ONG e l’abbassamento del tasso di mortalità. Un’analisi più approfondita dimostra quindi che le ONG hanno di fatto reso più sicuro l’attraversamento.
La nostra analisi empirica ci permette quindi di confutare le accuse avanzate contro le ONG. Sono accuse fondate su analisi parziali che hanno isolato le ONG da un quadro analitico più ampio, ignorando gli effetti delle pratiche di tutti gli attori che, insieme, influenzano le dinamiche e le condizioni delle traversate. Nonostante le analisi di tali effetti fossero ampiamente disponibili, non sono mai state prese in considerazione negli attacchi contro le ONG, rafforzando così la narrazione tossica contro di esse.
Il rapporto si conclude dimostrando che la narrazione tossica contro le ONG ha di fatto prodotto una serie di effetti strategici nell’ambito delle politiche migratorie europee. Ha permesso ai governi europei di distogliere l’attenzione del pubblico dai propri inadempimenti (la continua assenza di operazioni SAR gestite dai governi, che ha reso necessario il contributo delle ONG) e insuccessi (gli effetti delle operazioni anti-traffico dell’UE, che hanno reso le traversate più pericolose senza però riuscire a bloccare i passatori). Inoltre, la delegittimazione e la criminalizzazione delle attività di SAR proattiva si pone in continuità con le politiche precedenti – come la chiusura di Mare Nostrum – che hanno tentato di dissuadere i migranti rendendo le traversate più pericolose, ma che hanno sortito invece l’unico effetto di provocare migliaia di morti. Denunciare le ONG ha anche permesso di proporre sistematicamente altre “soluzioni”. Queste prevedono invariabilmente la cooperazione con regimi dittatoriali ai margini dell’Unione Europea per fermare gli arrivi. In particolare, l’Europa si sta affidando sempre più alla cooperazione con la Guardia costiera libica, il cui intervento ha però portato ripetutamente alla perdita di vite. Considerando la situazione dei migranti in Libia oggi, impedire alle persone di uscire dal territorio libico significa essere complici di pratiche di detenzione arbitraria, tortura, violenza sessuale, lavoro forzato e tratta.14 Infine, gli attacchi contro le ONG fanno parte di un più ampio tentativo di criminalizzare atti di solidarietà nei confronti di migranti e rifugiati, tentativo che ostacola la possibilità per i cittadini europei di fungere da osservatori civili alle frontiere dell’UE e di contestarne gli effetti mortali.
Nel fine settimana di Pasqua, secondo anniversario dei naufragi avvenuti ad aprile 2015, le ONG hanno dimostrato ancora una volta il loro ruolo cruciale salvando più di 9.000 migranti. In assenza di una missione SAR proattiva guidata dai governi europei, la presenza delle ONG ha permesso di evitare il ripetersi dei tragici eventi del 2015. La presenza delle ONG rimane dunque quanto mai necessaria. Se questa campagna di delegittimazione e criminalizzazione dovesse costringerle a fermare o ridurre le loro attività, c’è il rischio concreto che molti più migranti perdano la vita nel Mediterraneo. Il diritto alla solidarietà deve dunque essere difeso.
Fintantoché i migranti saranno costretti a ricorrere ai passatori a causa della mancanza di canali legali di ingresso, le operazioni di ricerca e soccorso proattiva rimarranno una necessità umanitaria, indipendentemente dal fatto che vengano condotte da governi o ONG. Solo un fondamentale riorientamento delle politiche migratorie europee che possa garantire un passaggio sicuro può mettere fine alle attività dei passatori e alla necessità di soccorrere in mare ogni giorno centinaia di persone in pericolo.
Note
- Nota di traduzione: per tradurre l’inglese “smuggler” si userà prevalentemente il termine “passatore” (termine peraltro usato in vari documenti ufficiali dell’Unione Europea), piuttosto che il più comune “trafficante” (in inglese: “trafficker”), di modo da rispettare la differenziazione giuridica fra questi termini. Si utilizzeranno altresì i termini “trafficante” e “contrabbandiere” qualora presenti nei testi originali in italiano.
- Charles Heller e Lorenzo Pezzani, “Morte per soccorso: gli effetti letali delle politiche di non-assistenza dell’Unione europea”, 18 aprile 2016
- Commissione europea, “Discorso del Presidente Jean-Claude Juncker nel Parlamento europeo sulle conclusioni del Consiglio europeo speciale del 23 aprile 2015: “Affrontare la crisi migratoria”, 29 aprile 2015.
- Definiamo come “proattive” quelle operazioni che hanno le attività di ricerca e salvataggio (SAR) come obiettivo principale e che, di conseguenza, dispiegano le loro navi verso le aree in cui i migranti incontrano situazioni di pericolo, cercandoli attivamente. Attualmente, tutte le missioni governative nel Mediterraneo centrale hanno obiettivi di sicurezza, che vanno dal controllo della frontiera alle attività di contrasto ai passatori e si impegnano in operazioni SAR solo quando richiesto dalle autorità competenti.
- Ricostruiremo in dettaglio le origini e la portata di queste accuse nella sezione “Narrazione tossica”. L’accusa di collusione con i trafficanti è stata inizialmente formulata da un piccolo think-tank olandese, GEFIRA, ed è stata poi ribadita in un articolo del Financial Times prima che una smentita di Frontex costringesse il giornale ad ammettere che aveva “ingigantito” alcune affermazioni che si trovavano in un report della stessa Agenzia. Si veda: Duncan Robinson, “EU border force flags concerns over charities’ interaction with migrant smugglers”, Financial Times, 15 December 2016. Per un’analisi della diffusione della narrazione tossica contro le ONG si veda: P. Barretta, G. Milazzo, D. Pascali, V. Brigida, M. Chichi, Navigare a vista. Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale, Osservatorio di Pavia-Associazione Carta di Roma-Cospe, Maggio 2017.
- Le ONG stesse hanno risposto a queste accuse nelle audizioni della Commissione Difesa in Senato (video e trascrizioni sono disponibili qui: audizioni di aprile e maggio 2017), con articoli online (particolarmente utile è a questo proposito un articolo di Medici Senza Frontiere: “Le domande più frequenti sulle nostre operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo”, 27 marzo 2017) e in numerose conferenze stampa. Numerosi articoli hanno raccolto le principali prove che smentiscono questi attacchi. Si veda in particolare: Annalisa Camilli, “Perché le ong che salvano vite nel Mediterraneo sono sotto attacco”, «Internazionale» e Francesco Floris e Lorenzo Bagnoli, “Accuse alle Ong: cosa c’è di falso o di sviante”, Open Migration, 10 maggio 2017.
- Frontex,2017 Analisi del rischio annuale, 15 febbraio 2017, p. 32.
- Charles Heller e Lorenzo Pezzani, “Morte per soccorso: gli effetti letali delle politiche di non-assistenza dell’Unione Europea”, 18 aprile 2016.
- Per quanto riguarda i decessi, i dati sono dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), disponibili sul portale web dedicato al Mediterraneo. Il tasso di mortalità è stato calcolato in base a dati OIM per quanto riguarda i decessi e ai dati dell’UNHCR per gli arrivi, disponibili qui.
- Frontex, 2017 Analisi del rischio annuale, 15 febbraio 2017, pag. 20, grassetto nostro.
- Charles Heller e Lorenzo Pezzani, “La morte per soccorso: gli effetti letali delle politiche di non assistenza da parte dell’UE”, 18 aprile 2016.
- Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), EUNAVFOR MED OP SOPHIA – Sesta relazione mensile 22 giugno – 31 dicembre 2015, 28 gennaio 2016, P. 7. Pubblicato da Wikileaks.
- Il numero di morti ha raggiunto il record di 4.581. Anche il tasso di mortalità aumentato da 1,83 nel 2015 a 2,5 nel 2016.
- Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, “Detenuto e disumanizzato. Rapporto sugli abusi dei diritti umani contro i migranti in Libia”, 13 dicembre 2016 , pp. 19-20.